Nell’ultimo anno gli impieghi vivi alle imprese (i prestiti bancari al netto delle sofferenze) hanno subito una diminuzione significativa del 4,7%, pari a una riduzione di 32,2 miliardi di euro. Questa tendenza è stata particolarmente acuta nel Nordest, dove la contrazione ha raggiunto il 7,4%, con una perdita di 14 miliardi di euro. È in pratica un trend che riflette una dinamica in corso da oltre un decennio: negli ultimi 12 anni, i prestiti bancari alle aziende italiane sono diminuiti del 27%, corrispondenti a una contrazione di 247 miliardi di euro. Per l’Ufficio studi della Cgiaquesto trend rischia di alimentare, indirettamente, un fenomeno molto preoccupante che, ormai, non riguarda solo le regioni del Sud, ma anche quelle del Nord: vale a dire la presenza sempre più diffusa nell’economia reale delle organizzazioni criminali. In questi momenti così particolari, infatti, sono gli unici soggetti che dispongono della liquidità necessaria per “aiutare” chi si trova in difficoltà economico-finanziaria, in particolare nei settori ad altaintensità di contante (ristorazione, intrattenimento e sale giochi), in quelli che richiedono il controllo del territorio (edilizia) e nei comparti meno innovativi che non richiedono competenze specialistiche. Insomma, le attività economiche sono le principali “prede” di chi vuole reinvestire i proventi ottenuti illecitamente. Un’ulteriore conferma viene dall’Europol; secondo questa Agenzia l’80 per cento delle organizzazioni criminali attive in Europa utilizza le imprese nelle loro attività illegali.
Cause della riduzione dei prestiti
Secondo la Cgia, il calo degli impieghi dell’ultimo anno è influenzato dalla diminuzione della domanda di credito da parte delle imprese, dall’elevato costo del denaro e dalla riduzione degli investimenti in macchinari, dovuta all’attesa delle agevolazioni previste dalla nuova transizione 5.0. Comunque i segnali di una presenza stabile e consolidata della criminalità nel mondo delle imprese del Nord risalgono almeno a 25 anni fa.
Come dimostrano alcuni studi realizzati dalla Banca d’Italia, a livello territoriale la presenza più diffusa delle organizzazioni economiche criminali si registra nel Mezzogiorno, anche se ormai molte evidenze altrettanto inquietanti segnalano la presenza di queste realtà illegali nelle aree economicamente più avanzate del Centronord. La letteratura specializzata evidenzia che, storicamente, i territori dove l’economia locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica e il livello di corruzione della pubblica amministrazione è molto elevato sono più vulnerabili dal potere corruttivo delle mafie. Induttivamente è possibile riconoscere un’area geografica più a rischio di un’altra, anche dal riscontro di una elevata presenza di reati spia. Nei territori dove il numero di denunce all’autorità giudiziaria per estorsione/racket, usura, contraffazione, lavoro nero, gestione illecita del ciclo dei rifiuti, scommesse clandestine, gioco d’azzardo, etc. è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni criminali di stampo mafioso è molto elevata.
Presenza mafiosa
Secondo lo studio della Banca d’Italia del 2021, oltre al Sud, le province del Centronord con un alto indice di presenza mafiosa includono Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Altre province con criticità, sebbene meno colpite, sono Torino, Novara, Milano, Bologna, Firenze, e altre ancora. Le province del Triveneto, Valle d’Aosta e Umbria presentano un rischio relativamente basso. Nel Mezzogiorno, Matera, Chieti, Campobasso e alcune province sarde risultano meno interessate dal fenomeno mafioso.
Nell’ultimo anno, le province di Trieste (-18,5%), Gorizia (-14,1%), Novara (-13,8%) e Trento (-13,5%) hanno registrato le maggiori contrazioni degli impieghi vivi erogati dalle banche alle imprese. Solo quattro province hanno visto un aumento del volume dei prestiti: Messina, Enna, Caltanissetta e Lodi.
A livello regionale, il Triveneto ha subito le contrazioni più significative, con il Trentino Alto Adige che ha visto una diminuzione del 10,4%, il Friuli Venezia Giulia del 10,3%, la Valle d’Aosta dell’8,7%, le Marche del 7,6% e il Veneto del 7,2%.
Meno credito alle piccole imprese
Se, come si diceva prima, nell’ultimo anno la riduzione dei prestiti alle imprese italiane è stata del 4,7 per cento (-32,2 miliardi di euro), le piccolissime imprese (quelle con meno di 20 addetti) hanno subito una contrazione dell’erogato dell’8,3 per cento (-9,5 miliardi), mentre quelle con più di 20 addetti hanno visto scendere il flusso del 4 per cento (-22,6 miliardi di euro). Ancora una volta, nel rapporto tra banche e imprese, le micro e le piccolissime risultano essere le più penalizzate.