Azioni di guerra veri e squilli di negoziati che rimangono sospesi. Ieri un passo avanti c’è stato a Doha, nei colloqui tra il capo del Mossad, David Barnea e il primo ministro qatariota Mohammed bin Adulrahman bin Jassim Al Thani, è emersa la possibilità di una tregua. Il tentativo segue gli sforzi del presidente americano Joe Biden che incontrerà il premier israeliano Benjamin Netanyahu “probabilmente si vedranno quando il primo ministro” sarà a Washington alla fine di luglio. L’ipotesi è stata annunciata dal portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, senza ulteriori dettagli. Il leader israeliano è stato invitato a tenere un discorso al Congresso americano il 24 luglio.
Salvare gli ostaggi
Biden e Netanyahu hanno avuto comunque uno scambio telefonico dedicato ai negoziati in corso per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, accompagnato dal rilascio degli ostaggi. Joe Biden ha offerto a Israele il suo sostegno politico e militare. Il presidente americano aveva in particolare minacciato di mettere in discussione la fornitura di armi americane, cruciali per Israele e vitali in caso di attacco al Libano.
Abu Mazen confida in Starmer
Sull’altro fronte il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen si è congratulato con il nuovo primo ministro britannico Keir Starmer. Abu Mazen racconta d isperare che il nuovo governo del Regno Unito lavorerà con Ramallah per raggiungere la pace, la stabilità e lo sviluppo in Medio Oriente e per aiutare il popolo palestinese “a ottenere i propri diritti legittimi, la libertà e l’indipendenza in uno Stato palestinese sovrano con Gerusalemme Est come capitale”. Da Londra è arrivata una prima risposta con un “cessate il fuoco immediato” da parte d’Israele nella Striscia di Gaza chiesto dal nuovo ministro degli Esteri britannico laburista David Lamm. Una richiesta più netta di quella sostenuta dal governo conservatore di Rishi Sunak, ma anche dallo stesso Starmer nei mesi scorsi
Usa a sostegno di Tel Aviv
Ancora sul piano diplomatico il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha parlato con il suo omologo israeliano Yoav Gallant per “discutere le sfide alla sicurezza regionale e le continue minacce alla regione da parte dei gruppi sostenuti dall’Iran”. “Austin ha riaffermato l’impegno ferreo degli Stati Uniti nei confronti della sicurezza di Israele e del diritto” dello Stato ebraico “all’autodifesa, sollecitando anche una riduzione della tensione e il sostegno agli sforzi diplomatici in corso per risolvere il conflitto” nella Striscia di Gaza, si legge in un comunicato pubblicato sul sito del Dipartimento della Difesa americano. Austin ha inoltre “espresso un forte sostegno agli sforzi in corso per finalizzare un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi come l’opportunità più promettente per riportare tutti” i prigionieri israeliani “a casa sani e salvi”
I colloqui a Doha
Gli sforzi per una tregua si sono replicati a Doha dove c’è stato un colloquio tra il capo del Mossad, David Barnea e il primo ministro qatariota Mohammed bin Adulrahman bin Jassim Al Thani. I negoziati in Qatar su una nuova tregua a Gaza hanno accelerato e la prossima settimana si potrebbe entrare nella fase decisiva. L’intesa, se si raggiungerà, prevede 3 fasi, una tregua iniziale di 6 settimane con l’avvio da subito del rilascio degli ostaggi inclusi donne, anziani e feriti. Insieme a loro anche “alcuni” corpi di ostaggi. In cambio Israele si impegnerebbe a rilasciare “centinaia” di detenuti palestinesi.
Il possibile accordo
Ieri sera Hamas ha dato un primo via libera al piano elaborato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden per il cessate il fuoco di sei settimane nella Striscia di Gaza in cambio della liberazione di numerosi ostaggi, tra cui donne, anziani e feriti in cambio di centinaia di detenuti palestinesi. La notizia è stata diffusa dal Times of Israel citando una fonte di Hamas e una fonte egiziana a condizione di anonimato. Secondo loro il movimento islamico palestinese che governa Gaza vorrebbe ”garanzie scritte sulla carta” sull’avvio dei negoziati per la fine con conflitto durante la tregua. Si tratta comunque di un cambio di prospettiva rispetto a quando Hamas chiedeva, come condizione per il rilascio degli ostaggi, la fine della guerra e il ritiro di tutte le truppe israeliane dalla Striscia di Gaza.
Sul filo del compromesso
Se il compromesso sarà messo in atto si arriverebbe quindi a una prima tregua dei combattimenti dal novembre scorso e si aprirebbe la strada ai negoziati. Ma questo non costituisce una garanzia che si arrivi a un accordo, fa notare il Times of Israel. Le fonti hanno spiegato che durante il cessate il fuoco “pieno e completo” di sei settimane, le forze israeliane si ritirerebbero dalle aree densamente popolate di Gaza e consentirebbero il ritorno degli sfollati alle loro case nel nord dell’enclave. In questi 42 giorni Hamas, Israele e i mediatori potrebbero negoziare i termini di un accordo che porti al rilascio degli ostaggi maschi rimasti, sia civili sia soldati, affermano i funzionari citati dal giornale israeliano. In cambio, Israele libererebbe altri prigionieri e detenuti palestinesi. Nella terza fase è infine previsto il ritorno di tutti gli ostaggi rimasti, compresi i corpi dei prigionieri morti, e l’inizio di un progetto di ricostruzione della Striscia di Gaza che durerà anni.