venerdì, 5 Luglio, 2024
Attualità

Le medie imprese performano meglio rispetto al pre-Covid

L'analisi realizzata dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere

Le medie imprese italiane rappresentano un vero e proprio motore di crescita per il settore manifatturiero del Paese, evidenziando una resilienza e una capacità di adattamento che le contraddistingue nel panorama economico internazionale. Secondo quanto emerge dal XXIII Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e dal report ‘La competitività delle medie imprese tra percezione dei rischi e strategie di innovazione’, realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere, queste realtà hanno registrato tra il 2019 e il 2021, rispetto al periodo pre-Covid, un aumento medio del fatturato del 5,6%, a fronte del +4% del resto delle imprese manifatturiere. Anche le esportazioni sono cresciute del 4,6%, superando il +4,2% del resto del settore, mentre l’occupazione ha visto un incremento dell’1,1%, nettamente superiore allo 0,01% delle altre imprese manifatturiere. Nel 2022 la crescita è proseguita, confermando un trend positivo che dura da ben 27 anni. Questo successo è stato possibile grazie all’attenzione alla transizione digitale: l’82,6% delle medie imprese ha investito o investirà dal 2021 al 2026 in tecnologie 4.0, e il 37,9% prevede di adottare l’intelligenza artificiale nei prossimi tre anni, soprattutto per migliorare l’efficienza interna. Anche l’impegno verso la sostenibilità è forte, con il 69,6% che ha investito o investirà in tecnologie green nel periodo considerato.

Tuttavia, il contesto competitivo attuale presenta sfide significative. Dopo un 2023 caratterizzato da stabilità (+0,1% le vendite), le previsioni per il 2024 indicano un calo dell’1,2%. Nonostante ciò, alcune imprese, specialmente quelle operanti nell’alta gamma (37,1% del totale), rimangono ottimiste e stimano una crescita delle vendite dell’1,8% in linea con il 2023. Tra le principali difficoltà segnalate vi sono il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, la riduzione dei margini, la competizione sui prezzi e le problematiche legate all’approvvigionamento delle materie prime. Per affrontare questi problemi, una media impresa su due richiede all’Unione Europea di garantire la sicurezza energetica.

Ruolo cruciale

Le medie imprese italiane, nel 2022, erano poco più di 4.000 e rappresentavano il 16% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 15% del valore aggiunto, il 14% delle esportazioni e il 13% degli occupati totali. Sono dati che evidenziano il ruolo cruciale di queste aziende nel tessuto produttivo nazionale.

“Le medie imprese spingono la transizione digitale e green del Paese: al 2026 quasi la totalità avrà investito nella digitalizzazione, rispetto alla quale crescerà molto nei prossimi anni l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, e nella sostenibilità ambientale, puntando in larga parte sulle tecnologie finalizzate al raggiungimento di una neutralità delle emissioni”, ha dichiarato Andrea Prete, Presidente di Unioncamere. Ma Prete ha anche sottolineato i rischi legati alla difficoltà di reperire e trattenere talenti, alla complessità del quadro normativo e alla mancanza di sicurezza informatica.

Gabriele Barbaresco, Direttore dell’Area Studi Mediobanca, ha aggiunto: “L’incertezza del momento impone alle medie imprese obiettivi chiari e selettivi, ad esempio in termini di posizionamento su mercati e linee di prodotto. Ciò richiede capitale umano di qualità, arduo da reperire e trattenere, una difficoltà che riguarda anche i siti produttivi all’estero. L’IA può intervenire come fattore mitigante, ma richiede competenze specialistiche, mentre altre competenze possono essere soddisfatte da lavoratori provenienti da oltre confine, candidando le medie imprese a svolgere un ruolo prezioso di integratori culturali”.

Accumulo di know-how

Giuseppe Molinari, presidente del Centro Studi Tagliacarne, ha infine evidenziato l’importanza del territorio per l’accumulo di know-how: “Oggi più del 40% di queste aziende ha sede nei distretti industriali o in sistemi produttivi locali. Pur essendo molto aperte ai mercati internazionali, con il 42% del fatturato derivante dall’export, la base produttiva resta radicata ai territori di origine. Solo l’11% delle medie imprese disloca la produzione all’estero, e una grande maggioranza preferisce rifornirsi da fornitori nazionali, dimostrando la forte affidabilità e reputazione della componentistica italiana”.

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