“La legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), appena approvata a maggioranza risicata dall’ultimo Consiglio Ue Ambiente, danneggia gli ecosistemi agricoli perché non risponde alla oggettiva necessità di assicurare l’equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale, essenziale per l’attuazione del Green Deal Ue”. Lo sostiene il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, che esprime rammarico per gli esiti di una battaglia che ha visto l’Italia contraria fino al voto finale. “Adesso – continua Fini – serve davvero un Piano nazionale di buon senso nella definizione delle misure attuative, perché non è pensabile ripristinare almeno il 20% delle aree terresti e marittime Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050, senza tener conto di quanto gli agricoltori stiano, ulteriormente, affrontando per preservare biodiversità e paesaggio da cambiamenti climatici ed erosione, come l’impegno per garantire a tutti cibo sano e di qualità, nonostante la fase di profonda instabilità geopolitica ed economica”.
Ascoltare gli agricoltori
Sul tavolo, adesso previsti dalla legge Ue, requisiti e indicatori specifici riguardo lo stoccaggio di carbonio organico nei terreni minerali delle terre coltivate, la definizione della quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità e il contributo alla piantumazione di almeno 3 miliardi di alberi aggiuntivi in 6 anni. “Queste e altre questioni – aggiunge Fini – andranno affrontate ascoltando gli agricoltori, uno sforzo importante per limitare le ripercussioni anche economiche e amministrative, almeno fino al 2033, quando la Commissione esaminerà gli impatti di questo regolamento”.
Norma non a favore dell’ambiente
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, critica, invece, il regolamento sul “ripristino della natura” approvato dal Consiglio Ue con il 66%. Tra i Paesi che hanno votato contro ci sono Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia e Italia. Secondo quanto dichiara Prandini si tratta di un “regolamento fortemente ideologizzato“, la norma “è tutt’altro che a favore dell’ambiente e conferma questa idea che gli agricoltori siano un problema”. Inoltre, “va bene l’obbligo di piantare 3 miliardi di nuovi alberi ma volevamo legarlo alla forestazione dei boschi in un’ottica collegata alla nostra industria del legno costretta a importarlo”.
In quest’ottica, “un semplice ripristino senza una pianificazione è inutile e rischia di danneggiare l’imprenditore”. Più in generale, Prandini chiede “meno burocrazia” e vorrebbe “che i regolamenti comunitari considerino le diversità dei territori, ma anche che vengano applicati in modo omogeneo da tutti gli Stati membri: in materia di agrofarmaci, ad esempio, in Italia è tutto tracciato, altrove no, e questo è sbagliato”.