La filiera foresta-legno italiana presenta un deficit nell’integrazione e nel coordinamento fra i diversi segmenti che la compongono, e l’anello debole della filiera è rappresentato dai settori delle utilizzazioni e della prima trasformazione oltreché dalla dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materia prima: importiamo l’80% del nostro fabbisogno di prodotti legnosi senza che vi sia una vera valorizzazione del made in Italy. E’ quanto emerge dal documento “Le filiere della giusta transizione: la risorsa legno” a cura di Fillea Cgil, Flai, la categoria dell’agroindustria della Cgil e Nuove Ri-Generazioni, l’associazione promossa da Fillea, Spi Cgil e Cgil nazionale, che ha al suo attivo progetti di partenariato con numerose realtà, tra cui Asvis, Legambiente, Forum diseguaglianze e diversità.
Imprese di piccole dimensioni
Il legname industriale italiano viene principalmente prelevato (66% del totale) da tre regioni, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Calabria, ed è costituito in massima parte da legname grezzo per trancia, sega, sfogliatura (compensati) e travature. “Nonostante ciò, la filiera produttiva italiana – si legge ancora nel documento – legata alla risorsa legno – connessa sia con le foreste di origine naturale che con le produzioni legnose fuori foresta – rappresenta un’importante realtà produttiva e occupazionale per il Paese e presenta ampie possibilità di crescita e sviluppo. Sebbene la maggior parte delle imprese che operano nel territorio nazionale risultino di piccole dimensioni, esse costituiscono in molti casi l’ultima realtà di presidio socioeconomico per i territori interni”.
Perdita di imprese e addetti
Secondo il documento “il bosco insomma crea servizi di difesa del territorio e della biodiversità, ricreativi e turistici ma anche lavoro e presidio delle aree marginali. Gli operatori forestali in Italia sono riconducibili a tre macrocategorie: i titolari e i dipendenti di imprese boschive afferenti al codice Ateco 02, i soci o gli addetti di cooperative forestali e gli operai forestali pubblici. Nel 2021 le imprese forestali erano 5.999 ed impegnavano complessivamente 14.176 addetti. Gli operai forestali pubblici al 2020 (Fonte dati Fondazione Metes) risultano poco più di 43.000. In Italia, al 2017 risultano 200 cooperative forestali con più di 5000 tra soci ed addetti. Il settore della prima trasformazione del legno (segherie, carpenterie) conta, secondo i dati ASIA-Istat 2021, poco più di 21.000 imprese con 91.000 addetti. Rispetto ai dati 2014 si è registrata una diminuzione del 29% del numero delle imprese e del 20% nel numero degli addetti. Sempre riferendosi al 2021, il settore della produzione di mobili ha all’attivo circa 15.600 imprese con 126.000 addetti”.
Ottimo sistema di riciclo
In Italia – rileva inoltre il documento – “il 95% del legno post consumo, anziché essere bruciato per produrre energia come accade in altri Paesi, viene riciclato per produrre pannelli per l’arredo evitando di consumare legno vergine con un risparmio di quasi due milioni di t/anno di CO2″. “Nel 2020 sono state raccolte e riciclate 1.841.065 tonnellate di legno e rigenerate 827.772 tonnellate di imballaggi pari a oltre 60 milioni di pallet che sono rientrati nel circuito logistico per essere riutilizzati. La filiera del riciclo del legno post consumo è di circa 2 miliardi di euro con oltre 17.000 posti di lavoro.”