venerdì, 5 Luglio, 2024
Attualità

L’invocazione del Papa: “Basta sofferenza e morte, arrivi un giorno nuovo”

L’appello di Bergoglio agli ambasciatori di Israele e Palestina durante la preghiera per la pace

“Penso a quei palestinesi e israeliani di buona volontà che, tra le lacrime e le sofferenze, non smettono di attendere nella speranza l’arrivo di un giorno nuovo”. È l’accorato appello di Papa Francesco, lanciato durante la commemorazione del decennale della preghiera per la pace avvenuto presso i Giardini Vaticani.

Insieme a Bergoglio, durante la preghiera di ieri pomeriggio, presenti l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Rafael Shutz, e quello della Palestina, Issa Kassisieh.

Il ricordo

L’iniziativa si è tenuta sul filo della memoria di quando, nel 2014, i protagonisti dell’“abbraccio” sono stati l’ex Presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abū Māzen. Con loro era presente anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo. Insieme a Papa Bergoglio, i tre leader piantarono un ulivo, simbolo della pace, all’interno degli stessi Giardini.

Speranza di pace

A otto mesi dall’accentuarsi del conflitto in Medioriente, la centralità delle parole di Francesco sono rivolte soprattutto alla speranza di una pace che possa al più presto arrivare: “Ogni giorno prego perché questa guerra volga finalmente al termine. Penso a tutti coloro che soffrono, in Israele e Palestina: ai cristiani, agli ebrei e ai musulmani. Penso a quanto sia urgente che dalle macerie di Gaza si levi finalmente la decisione di fermare le armi e, perciò, chiedo che ci sia un cessate-il-fuoco; penso ai familiari e agli ostaggi israeliani e chiedo che siano liberati il prima possibile”.

L’impegno di tutti

Un impegno, quello per il cessate il fuoco, che deve coinvolgere tutti secondo il Santo Padre, e che solo con un agire generale può sperare di essere duraturo: “Tutti dobbiamo lavorare e impegnarci affinché si raggiunga una pace duratura, dove lo Stato di Palestina e lo Stato d’Israele possano vivere l’uno accanto all’altro, abbattendo i muri dell’inimicizia e dell’odio; tutti dobbiamo avere a cuore Gerusalemme, affinché diventi la città dell’incontro fraterno tra cristiani, ebrei e musulmani, tutelata da uno statuto speciale garantito a livello internazionale”.

“Signore aiutaci Tu”

Nella preghiera del Vescovo di Roma anche un’ammissione di colpe per la vanità degli sforzi compiuti: “Signore, Dio di pace, ascolta la nostra supplica. Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi, tanti momenti di ostilità e di oscurità, tanto sangue versato, tante vite spezzate, tante speranze seppellite. Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace”.

Messaggio universale

Un’invocazione che ha il valore di un messaggio universale: “Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: ‘mai più la guerra! Con la guerra tutto è distrutto”, ma che non può fare a meno di un coraggio collettivo per raggiungere un obiettivo comune per il bene di tutti: “Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace, donaci la capacità di guardare con benevolenza a tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra”.

Signore disarma mani e lingua

Nella conclusione della sua preghiera, il Successore di Pietro ha ribadito che solo con l’agire da “fratelli” si potrà sperare in un futuro migliore: “Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre ‘fratello’, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen”.

Necessità del dialogo

Il Papa, durante gli altri incontri, rinnova l’invito a “formare i futuri diplomatici della Santa Sede alla vicinanza con il popolo di Dio”, in particolare nelle terre lontane di missione quale “potente antidoto alla mondanità spirituale”. Guardando “guerra mondiale a pezzi”, il Pontefice ha ricordato il lavoro di tanti nunzi in zone di conflitto per favorire il dialogo tra i contendenti e difendere le vittime

I nuovi diplomatici

Ieri mattina Bergoglio ha anche incontrato i trentacinque alunni della ‘Pontificia Accademia Ecclesiastica’, l’istituzione che da più di tre secoli prepara i diplomatici della Santa Sede. I sacerdoti erano accompagnati dal presidente, l’Arcivescovo Salvatore Pennacchio, dall’Economo e Prefetto degli studi, monsignor Gabriel Viola, e dal padre spirituale, il gesuita Orlando Torres.

Partenza per le nuove missioni

Presentando la comunità, il Presidente ha introdotto in modo particolare i quattordici alunni i quali, terminati i corsi accademici, si preparano a partire nei prossimi mesi per l’Anno missionario. Dopo aver ascoltato le loro destinazioni, il Papa ha ricordato il senso di questa sua richiesta, espressa quattro anni fa all’allora presidente dell’Accademia, l’Arcivescovo Joseph Marino: formare i futuri diplomatici della Santa Sede alla vicinanza con il popolo di Dio, in particolare nelle più lontane terre di missione.

Questo, oltre a ravvivare il loro cuore di pastori, sarà un potente antidoto alla mondanità spirituale, un rischio al quale il servizio diplomatico può esporre. Francesco ha poi consigliato a tutti gli alunni, ma soprattutto ai partenti missionari, di portare con sé per la lettura e la meditazione l’esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’ del suo predecessore, San Paolo VI , la quale rimane d’attualità.

No a guerra mondiale a pezzi

Nel corso della conversazione, stimolata da alcune domande degli alunni, Sua Santità ha condiviso quali sono le caratteristiche di un diplomatico chiamato a rappresentarlo presso le Chiese locali e la famiglia delle Nazioni: accanto alla vicinanza descritta all’inizio dell’incontro, occorre la furbizia, richiesta da un lavoro tanto necessario quanto difficile, accompagnata sempre da pietà, cioè da un’intensa relazione con il Signore. Tra i temi toccati non poteva mancare un riferimento al contesto di “guerra mondiale a pezzi”, che stiamo vivendo, anche in Europa. Il Papa ha ricordato il lavoro di tanti nunzi apostolici in zone di conflitto per favorire il dialogo tra i contendenti e difendere le vittime della guerra, secondo i principi del diritto umanitario. Le successive domande hanno permesso al Santo Padre di tornare sulle capacità che i futuri diplomatici pontifici dovrebbero coltivare negli anni di formazione a Roma.

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