“Vorrei che tutti i bambini fossero felici. Oggi c’è grande tristezza nei loro occhi a causa delle guerre”. Parole, queste, del Papa, dette in occasione della Giornata mondiale dei bambini iniziata ieri e che si concluderà oggi con la presenza di oltre 70mila piccoli partecipanti tra musica, sport, riflessioni, domande e spiritualità. Nel corso della mattinata il Pontefice ha ricevuto in Vaticano bambini palestinesi e ucraini sopravvissuti alla guerra. “Sono bambini che hanno perso le gambe, le mani e i genitori” ha spiegato ai media Padre Marcin Schmidt che ha accompagnato il gruppo, “sommando alle sofferenze fisiche anche quelle psicologiche”. “Terribile”, il commento strozzato dalla commozione di Bergoglio.
La Giornata allo Stadio Olimpico
La giornata mondiale dei bambini, voluta fortemente dal Pontefice e presentata da Carlo Conti, si è aperta ufficialmente alle 15 sulle note di ‘We are the world’ cantata dai bambini del Piccolo Coro dello Zecchino d’Oro. Insieme a Carlo Conti, il Cardinale Josè Tolentino, prefetto del dicastero per la Cultura e l’educazione, il quale ha spiegato in apertura: “Perché una giornata mondiale dei bambini? Abbiamo bisogno di ascoltare i più piccoli. I bambini hanno una saggezza pratica capace di innovare, aiutandoci così a superare i blocchi del presente. Perché i piccoli possono essere maestri proprio di quelle arti universali di cui il mondo di oggi ha urgente bisogno”. “Quello che stiamo vivendo – sottolinea Tolentino – non è un momento facile per il mondo, e il pensiero del futuro appare attraversato da tante incertezze. Ma i più giovani ci insegnano il dovere e le ragioni della speranza’”.
Papa Francesco è arrivato intorno alle 17.00 insieme a sei bambini a bordo della papamobile, lanciando caramelle, mentre il Coro della Diocesi di Roma ha intonato l’inno della Giornata mondiale dei Bambini ‘Siamo noi’. ‘”Cari bambini e bambine, ragazzi e ragazze! Ci siamo! È iniziata l’avventura della Giornata Mondiale dei Bambini”, le prime parole del Santo Padre. “Ci siamo radunati qui allo stadio Olimpico, per dare il ‘calcio d’inizio’ a un movimento di bambini e bambine che vogliono costruire un mondo di pace, dove siamo tutti fratelli, un mondo che ha un futuro, perché vogliamo prenderci cura dell’ambiente che ci circonda”. “So che siete tristi per le guerre, vi domando: siete tristi? Non sento’”, ha detto il Santo Padre coinvolgendo i bambini presenti. ”Sì, la risposta. “Siete addolorati e anche io lo sono perché tanti vostri coetanei non possono andare a scuola, a causa delle guerre oppure delle inondazioni, della siccità, della mancanza di cibo e di cure mediche. Una domanda: sapete quale è il motto? È una frase della Bibbia ‘Ecco: io faccio nuove tutte le cose’. Diciamolo insieme”.
Quale miracolo?
Dall’Indonesia, un bambino ha chiesto al Papa quale miracolo sceglierebbe di fare se potesse. La risposta di Francesco è stata immediata e sentita: “È facile: che tutti i bambini abbiano il necessario per giocare, andare a scuola, che abbiano il necessario per vivere, che siano felici”.
Nel corso dell’incontro, Francesco ha anche parlato dell’importanza degli anziani, sollevando una questione che spesso viene trascurata. “Tanti anziani sono abbandonati in una casa di riposo. È giusto o non è giusto?” ha chiesto ai bambini. “Per questo dobbiamo andare a trovare i nonni. Non dobbiamo dimenticarli. I nonni ci hanno trasmesso la storia. Viva i nonni”.
Guerra, inquinamento, diritti donne
Poi, uno alla volta, i piccoli hanno raccontato le loro esperienze e hanno fatto domande al Santo Padre. La prima a parlare è stata Eugenia, ucraina. “La prima cosa che vorrei dire è che voglio la pace” – ha detto -. Non voglio che ci sia la guerra tra Ucraina e Russia, che sono due Paesi molto importanti per me. Non voglio che i bambini sentano le bombe cadere e vedano la morte dei loro amici e parenti. Per la guerra sono andata via dall’Ucraina e sono venuta in Italia. Ringrazio l’Italia che mi ha accolto e dico basta alla guerra, chiedo la pace”. Anche Victor, dalla Palestina, ha chiesto la pace: “Sono Victor, sono cattolico, nato e battezzato a Betlemme, nella stessa città di Gesù Bambino. La mia città è chiusa da un muro, un lungo muro che sembra come un serpente che si attorciglia intorno a noi, a volte ci sembra di soffocare, soprattutto quando chiudono le porte per uscire, che chiamano check-point”. Poi si è rivolto al Santo Padre: “Che colpa abbiamo noi bambini se siamo nati a Betlemme o a Gerusalemme o a Gaza? Noi vogliamo solo giocare, studiare vivere liberi come tanti altri bambini del mondo. Prega per noi, insegnaci una preghiera speciale affinché portiamo la pace nel cuore di tutti”.
I gesti di pace
Un bambino dal Sudamerica ha chiesto: “Hola Papa Francesco, è vero che la pace è sempre possibile?”. “Sì – gli ha risposto il Pontefice – e sapete come si fa la pace?”. La risposta dei bambini è stata sicura e decisa: “Chiedendo scusa”. Il Vescovo di Roma ha accolto la risposta dei piccoli e ha invitato tutti i 50mila dell’Olimpico al gesto di pace: “Stringiamoci le mani”.
Mila, una bambina neozelandese di 8 anni, ha parlato di inquinamento: “Il mio Paese è bellissimo: abbiamo dei parchi nazionali stupendi, si possono vedere le balene, ci sono delle montagne altissime eppure, in questi ultimi anni ci sono state inondazioni e allagamenti sempre più spesso”. “Io sono piccola, ma penso che tutti abbiamo il dovere di impegnarci per fermare l’inquinamento. Dobbiamo proteggere il nostro pianeta e i nostri Paesi che sono tutti bellissimi”. “Facciamo tornare il pianeta vivibile, piantiamo alberi, non consumiamo troppo, usiamo i trasporti pubblici. Oggi voglio dire a tutti: basta con l’inquinamento, proteggiamo la natura, proteggiamo la terra, e tutti potremo vivere una vita migliore e noi bambini potremo avere un futuro”.
Diritti delle donne
Mentre Rahel, una studentessa dall’Afghanistan, ha parlato dei diritti delle donne: “Il mio Paese è l’unico al mondo in cui le donne di questa terra sono private dei loro diritti più basilari e non gli è permesso di fare nulla. Non possono studiare, non possono lavorare e non possono nemmeno uscire liberamente di casa. Diamo la voce all’attuale situazione delle donne e dei bambini afghani e non lasciamoli soli”. “Se le donne e i bambini di un Paese saranno buoni, una generazione, una società e un Paese saranno buoni, il mondo sarà buono”.
“Secondo te cosa possiamo fare noi bambini per far sì che il mondo sia migliore?”, ha chiesto un bambino di 9 anni dal Burundi. “Giocare insieme, aiutare gli altri… Facendo queste cose il mondo sarà migliore”, la risposta del Papa.
“Come si fa ad amare tutti, tutti, tutti?”, la domanda di un bambino rom da Scampia. “Non è facile. Noi dobbiamo cominciare dal più vicino a noi e andare avanti… Se io non amo il mio compagno di scuola, il ragazzo vicino, non si può andare avanti”.
Infine una ragazza dal Pakistan: “È vero che siamo tutti fratelli e sorelle?”. “Siamo tutti fratelli”, ha confermato il Santo Padre. “E se lo siamo – interroga i bambini presenti -, siamo amici? O siamo nemici?”. E i bambini hanno gridato in coro “amici”.
Thank you doctor’
La Campagna ‘Thank you Doctor’ Ieri mattina inoltre Francesco ha ricevuto in udienza privata più di 300 medici provenienti da tutto il mondo nell’ambito della campagna globale ‘Thank you doctor’ organizzata dalla Pontificia Accademia per la Vita e dal suo Presidente, Monsignor Vincenzo Paglia, e dall’organizzazione Somos Community Care, presieduta dal Dr. Ramón Tallaj, medico di famiglia.
Obiettivo della campagna, valorizzare e ringraziare la figura del medico di famiglia, “una figura fondamentale”, ha affermato il Pontefice, “che combina competenza e prossimità. Vorrei sottolineare brevemente due aspetti di questa missione, presi in maniera precisa dal significato di medico di famiglia: l’essere un medico e l’essere di famiglia. Per prima cosa il medico, cioè colui che eroga le cure. La scienza oggi ha fatto passi da gigante, permettendoci di accedere a terapie che erano inimmaginabili solo pochi decenni fa. Eppure la medicina, anche la più avanzata tecnologicamente, è sempre, per prima cosa e soprattutto, un incontro umano, caratterizzato dal prendersi cura, dalla vicinanza e dall’ascolto”. “San Luca, che San Paolo definisce “il caro medico”, un vostro collega, così descrive l’azione di Gesù verso i malati: li avvicinava, entrava nelle loro case, li ascoltava, li accoglieva nella loro sofferenza e li guariva. Il medico di famiglia è allo stesso modo presente e prossimo, offrendo calore così come cura professionale, perché conosce i suoi pazienti e i loro cari personalmente e cammina insieme a loro, giorno dopo giorno, anche a costo di sacrifici personali”. Il Papa, ha evidenziato la nota Fnomceo, ha poi voluto ricordare la sua esperienza con il medico della sua famiglia, andando fuori dalla nota scritta, e si è seduto a pregare e cantare insieme ai medici.