32 anni dopo le stragi di Capaci e di via d’Amelio: le mafie nella vita italiana pesano di meno solo perchè fanno meno rumore?
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con i loro agenti di scorta non morirono invano. Dal loro sacrificio venne un doppio segnale. Il primo: lo Stato era sulla strada giusta per colpire al cuore Cosa nostra, che reagì con una prova di forza scellerata, le stragi. Il secondo segnale venne dall’opinione pubblica che, non solo in Sicilia, si liberò di antiche paure e levò forte la sua voce contro la grande criminalità. Successi nella lotta alle mafie in questi 32 anni ce ne sono stati molti. In particolare, contro quella siciliana che, per la sua struttura piramidale, è sembrata più vulnerabile delle altre. Hanno concluso la loro vita dietro le sbarre tre capi della “cupola”: Riina, Provenzano e Messina Denaro. Decine di affiliati alle cosche hanno deciso di collaborare con lo Stato.
È cresciuta una generazione di investigatori e di magistrati con elevata specializzazione nella lotta alle mafie. Col tempo si è anche affievolito il peso di quelli che Sciascia chiamava i “professionisti dell’antimafia”. Ma non possiamo ritenerci soddisfatti. La percezione del pericolo mafioso sembra diminuita perchè le organizzazioni criminali cercano di fare meno rumore. Ma, nel frattempo il contagio si è esteso a nuovi territori, ben lontani dalle regioni tradizionali: Sicilia, Calabria, Campania e parte della Puglia. La domanda cruciale è se lo Stato abbia ripreso il controllo dei territori e se il potere economico-finanziario mafioso sia diminuito.
La risposta purtroppo non è positiva. I tentacoli della piovra si sono estesi in tutte le regioni italiane. Perfino in città come Milano e Roma ci sono regolamenti di conti della grande criminalità ed è cresciuto il numero dei quartieri ove lo stato non ha piena sovranità. Approfittando della frammentazione del potere le mafie hanno cominciato ad inquinare la politica a tutti i livelli e ricicla enormi risorse in attività economiche e finanziarie. Che fare? “Tenere alta la tensione morale contro la mafia ” come diceva Falcone, e ripensare la strategia di contrasto al traffico di droga che è l’inesauribile energia nucleare delle organizzazioni criminali.