martedì, 18 Giugno, 2024
Esteri

Aviaria negli Stati Uniti. Gli allevatori fanno opposizione ai controlli

Coldiretti: in Europa i focolai in diminuzione. Più colpiti i gabbiani testa nera

Isabella Eckerle, del Geneva Centre for Emerging Viral Diseases, in Svizzera, esprime la preoccupazione della comunità scientifica sulla gestione dei focolai di influenza aviaria nelle mucche negli Stati Uniti. L’epidemia potrebbe espandersi anche in altri continenti. “Non stiamo facendo abbastanza” ha detto aNature. La preoccupazione dei ricercatori riguarda soprattutto la quantità e tempestività della raccolta dei dati da parte delle autorità e la trasparenza con cui vengono diffusi ai cittadini e alla comunità scientifica. Nelle ultime settimane gli studi condotti dalla Food and Drug Administration hanno trovato tracce genetiche del virus H5N1 in un’ampia percentuale di latticini in commercio. In un recente studio su 150 prodotti lattiero-caseari commerciali che rappresentano impianti di lavorazione in 10 Stati Usa, il team di Andrew Bowman, epidemiologo veterinario della Ohio State University, ha trovato Rna virale nel 40% di essi.

L’Oms: usare latte pastorizzato

Per quest’ultimo motivo è intervenuta l’Oms che ha lanciato un allarme. “Il virus dell’influenza aviaria H5N1 è stato rilevato nel latte crudo negli Stati Uniti, ma i test preliminari mostrano che la pastorizzazione lo uccide. Il consiglio dell’Oms in tutti i Paesi è di consumare latte pastorizzato.” Secondo l’Organizzazione “il virus finora non mostra segni di adattamento alla diffusione tra gli esseri umani. Sulla base delle informazioni disponibili l’Oms continua a valutare il rischio per la salute pubblica come “basso” per la popolazione generale e “da basso a moderato” per le persone esposte ad animali infetti”. Il virus H5N1 è stato identificato nel 1996 nelle oche in Cina e nelle persone a Hong Kong nel 1997. Dal 2003 “sono stati segnalati 878 casi umani di influenza aviaria”.

Difficoltà nei controlli

Virus rilevato nelle acque reflue in Texas, in nove città, nel periodo tra il 4 marzo e il 25 aprile. Il virus circola nelle mucche da novembre, ma solo a marzo sono stati colti i primi segnali. Ciò fa pensare che il sistema di sorveglianza non sia sufficientemente sensibile da coglier tempestivamente i segnali di allarme. Negli Usa molti allevatori si oppongono ai controlli e per questo si teme che i casi riscontrati siano molto minori rispetto a quelli reali e che il virus abbia colpito anche gli esseri umani. Una settimana fa il dipartimento dell’Agricoltura ha annunciato un piano di incentivi per compensare gli agricoltori i cui allevamenti sono colpiti da aviaria e quelli che decidono di collaborare agli studi. Ufficialmente le mandrie infettate sono 49 in 9 Stati differenti. Circa 300 persone sono state sottoposte a test o monitoraggio dei sintomi dopo il rilevamento di un caso umano. I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno avviato una campagna di monitoraggio delle acque di scarico delle grandi città. La presenza così diffusa del virus in animali a stretto contatto con l’uomo e coinvolti nei processi di alimentazione va monitorata con attenzione, dicono gli esperti e chiedono più test e verifiche. Negli Stati Uniti ci sono anche casi di gatti colpiti dall’aviaria e in Canada è stato riscontrato il caso di un cane.

Cosa accade in Europa

La newsletter della Coldiretti riporta che, invece, in Europa vanno spegnendosi i focolai di aviaria ad alta patogenicità per il pollame. Lo conferma anche un report dell’Efsa, del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e del Laboratorio di riferimento della Ue (Eurl). Lo studio ha però segnalato come i gabbiani continuino a essere colpiti dal virus. Per i polli dunque il rischio è basso: in marzo e aprile si sono verificati meno focolai rispetto al periodo di riferimento precedente e cioè dal 3 dicembre 2022 al 1° marzo 2023, e alla primavera del 2022. Ma il virus continua a essere pesantemente attivo sui gabbiani dalla testa nera.

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