A molti sarà sfuggita la Giornata mondiale del Museo, che l’Unesco ha celebrato sabato 18 maggio. Ma l’organizzazione mondiale ha sottolineato che “i musei non sono solo manufatti: sono centri di creatività, che promuovono le economie locali e innescano discussioni vitali su questioni sociali“. Molti, però, rischiano di sparire, sia per motivi economici che culturali. Uno di questi si trova in corso Garibaldi ad Arzachena, nel cuore della Costa Smeralda e l’altro in Congo. Uno piccolissimo è a New York e altri in Ucraina. La Scatola del Tempo di Mario Sotgiu e il museum dei fratelli Benny e Josh Safdie con il regista Alex Kalman, sono due musei in uno spazio piccolissimo, ma il primo è in un locale “messo in vendita”: un edificio dell’Ottocento nel centro di Arzachena, grande 24 metri quadri. Il secondo a New York, è allestito nel vano ascensore di una vecchia fabbrica di indumenti di Broadway, tra Chinatown e Tribeca: spazio espositivo di soli sei metri quadrati. Sono riconosciuti rispettivamente come il museo più piccolo d’Italia e il più piccolo al mondo di arte contemporanea. Tra le tante, piccole, cose la scarpa che il giornalista Muntadhar al-Zaidi nel 2008 scagliò contro il presidente George W. Bush durante il suo discorso a Baghdad, o la moneta coniata dall’Isis come sfida al sistema capitalistico. La Scatola del Tempo raccoglie, invece, decine e decine di carte topografiche antiche che raccontano la storia di questo angolo di Sardegna, oltre ad oggetti di vita quotidiana degli stazzi della Gallura.
Il Gungu del Congo
Uno dei musei che è salito alla ribalta in questi giorni è il Gungu, in Congo. E’ situato nella provincia di Kwilu, fondato nel 1986 da Aristote Lwange Kibala, e negli anni era diventato il più grande e importante museo privato del Paese, attirando visitatori da tutto il mondo. La sua collezione vantava 25.000 opere dal valore stimato di 15 milioni di dollari, tra cui le famose maschere della tribù dei Pende, considerate un tesoro inestimabile della cultura congolese. Nella notte tra il 4 e il 5 novembre 2021, un incendio doloso (le indagini sono ancora in corso) l’ha quasi totalmente distrutto mandando in cenere la quasi totalità della collezione. Un incendio vissuto anche come atto di violenza contro l’identità congolese e la loro distruzione ha significato un colpo alla memoria collettiva del Paese. Kibala e i suoi collaboratori sono riusciti a recuperare una parte della collezione tra le macerie del museo; circa 7.000 reperti, e ha aperto un “nuovo museo di Gungu” che oggi consta di 8.000 opere, di cui il 90% è costituito da arte antica e il 10% da arte moderna. Il fondatore definisce il museo come “un’istituzione con enorme esperienza di livello nazionale e internazionale. Ad ispirarmi è stato l’Esprit de Brousse, lo Spirito della Boscaglia, perché conservassi il nostro patrimonio culturale, che minaccia di scomparire quasi totalmente.” All’esprit de brousse hanno fatto riferimento alcuni intellettuali africani, come Aimé Césaire, che nel 1935 ne parlava a proposito dell’abbandono delle antiche tradizioni da parte degli africani suoi contemporanei, i quali, rinnegando lo spirito della boscaglia, andavano assimilando sempre più l’estetica e la mentalità degli occidentali.
I saccheggi in Ucraina
Infine la guerra russo ucraina che, volontariamente o involontariamente, ha messo a rischio un notevole patrimonio culturale. Il Ministero della Cultura ucraino ha calcolato oltre 550 danneggiamenti o distruzioni, e l’Unesco, che ne ha certificati circa 270. Il Museo letterario Hryhorij Skovoroda, nella regione di Kharkiv, dedicato al più famoso filosofo ucraino della prima età moderna, è notevolmente danneggiato. Così come gli archivi della Fondazione Chernovol, contenenti la documentazione sui dissidenti ucraini durante il dominio sovietico, distrutti vicino a Bucha. Caso analogo quello di Cherniv e dell’archivio regionale dei servizi segreti Sbu, l’intelligence di Kiev dopo il 1991, con i fondi storici dell’Nkvd e del Kgb risalenti al tempo dell’Unione Sovietica. Finora il più grave saccheggio di musei da parte della Russia è stato quello di Kherson dove il Museo d’Arte Regionale Oleksiy Zhovkunenko, il Museo di Storia Regionale e l’Archivio di Stato, che ospitava quasi un milione di volumi risalenti all’inizio del XVIII secolo sono stati prelevati dai russi che hanno trasportato tutto in Crimea, al Museo Chersoneso di Sebastopoli. Secondo le autorità ucraine sono stati rimossi anche più di 15.000 oggetti ed è stato rimosso fino al 50% del patrimonio archivistico.