Il Primo Ministro della Thailandia, due anni fa paese pioniere nella legalizzazione della cannabis in Asia, ha espresso mercoledì l’intenzione di reintrodurre il divieto sulla sostanza a causa delle crescenti preoccupazioni per l’accessibilità ai minori e l’incremento della criminalità. Srettha Thavisin, attraverso un post su una nota piattaforma di social media, ha comunicato di aver sollecitato il Ministero della Sanità a riconsiderare la cannabis come narcotico e a stabilire nuove direttive che ne limitino l’utilizzo esclusivamente a fini terapeutici. Ha inoltre incaricato le forze dell’ordine locali di intensificare la lotta al traffico di droga, auspicando risultati tangibili entro tre mesi. Nonostante la depenalizzazione del 2022 fosse finalizzata all’uso medicinale, la mancanza di una regolamentazione efficace ha sollevato dubbi e inquietudini sulla sicurezza pubblica. Il movimento verso la depenalizzazione è stato guidato dal Partito Bhumjaithai che, operante prevalentemente nelle regioni meno abbienti del nord-est, aveva promesso agli agricoltori di trasformare la cannabis in una fonte di reddito.
Contesto medico
Tuttavia, alle elezioni del 2023, tutti i maggiori partiti politici, compreso il Bhumjaithai, hanno concordato sulla necessità di circoscrivere il suo utilizzo al contesto medico. Nonostante ciò, gli attivisti pro-cannabis e gli imprenditori del settore si sono espressi contro un proibizionismo totale, sostenendo che un simile passo indietro avrebbe ripercussioni negative sull’economia nazionale. La legalizzazione della cannabis ha infatti contribuito a rinvigorire il turismo e l’agricoltura in Thailandia, dando vita a migliaia di esercizi commerciali, dai negozi fisici ai camion-ristorante, fino alle bancarelle nei mercati di tutto il paese.