venerdì, 15 Novembre, 2024
Società

Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei…

In un contesto così critico, dove i media non hanno occhi che solo per il Covid-19, dove i nostri “arresti domiciliari” pare che si protrarranno ancora per un periodo relativamente lungo, dove i nostri piccoli o grandi piaceri quotidiani si sono estremamente ridotti, è cosa buona e giusta ricordare uno dei nostri piaceri più antichi, più primordiali e più “terapeutici” per la nostra mente e, perché no, anche per la nostra salute. Ricordando, però che, come tutte le terapie, questa va utilizzata “cum grano salis”. Ebbene sì, mi riferisco al piacere della “Tavola”.

“Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei”: “il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi, di tutti i tempi; può essere associato a tutti gli altri piaceri e sopravvive ad essi per consolarci dalla loro perdita”. Celebre frase di Jean-Anthelme Brillant Soverian.  Metaforicamente il “cibo” di un paese rappresenta il DNA della sua cultura. Non possiamo parlare di cibo senza non riservare attenzione particolare all’origine di ciascun piatto, il nome che lo contraddistingue, il significato, i suoi ingredienti, fino ad arrivare alle fasi di preparazione. Il cibo, inoltre, può essere visto come la forma culturale più istintiva, un’esigenza vitale che unisce varie culture. È senza dubbio un “piacere condiviso”, un aspetto collettivo, un vero e proprio prodotto sociale. La condivisione del cibo è molto importante: può costituire un punto d’ingresso in una comunità, che può rendere le persone parte integrante di una determinata cultura.

Crea un ponte fra le persone di ogni origine, toglie l’imbarazzo, instaura relazioni e fa sì che esse si sedimentino. Il cibo, in secondo luogo, è un’esperienza culturale che porta con sé un valore molto importante. Questo lo si può scoprire soprattutto viaggiando, “contaminando” il nostro bagaglio di conoscenze. Una vacanza, per esempio, non si può concludere con la semplice visita ai monumenti, musei, gallerie ed altre bellezze naturali. Deve necessariamente proseguire con un tour gastronomico che arricchisce il nostro bagaglio culturale oltre che, il nostro “palato”. Insomma è bello vistare una città, una nazione ma un viaggio non può ritenersi concluso se non impariamo ad apprezzare anche la cucina tradizionale dei luoghi che visitiamo. Possiamo visitare Napoli, passare per Piazza Plebiscito, ammirare le sue innumerevoli bellezze e tornare a casa senza avere gustato la vera Pizza Napoletana? Immergerci in un tour nella splendida Puglia, ammirare le bellissime spiagge, senza aver gustato la vera “Focaccia Pugliese”, “le Orecchiette alle cime di rapa”, le “Frise” o il “Pasticciotto leccese”? Si può visitare il Partenone ad Atene in Grecia senza assaggiare il “Moussaka”, splendida architettura di melanzane e ragù di agnello? Né possiamo avventurarci in un viaggio in Giordania, ammirare la suggestiva città di Petra e non godere della generosa ospitalità del posto, magari assaggiando Mansaf (منسف), riso agnello e yogurt, il piatto nazionale giordano.

Oggi, però, assistiamo ad una vera e propria perdita culturale, legata al fatto che non mangiamo più quello che i nostri nonni e i nostri genitori hanno apprezzato e gustato, quello che le tradizioni ed i costumi di un popolo hanno tramandato attraverso i secoli. Cerchiamo di adottare sempre modi e stili alimentari conformati, abbandonando la “tradizione”, dando per scontato a quell’azione meccanica, tanto banale quanto importante, di portare il cibo alla bocca che è soltanto l’ultimo atto di una “commedia” composta di preziosi passaggi che spesso trascuriamo, concentrandoci solo sui sapori. Legata alla tradizione è la parola “tavola” che rimanda alla tipica frase tradizionale “a tavola, è pronto”. Ecco, una semplice parola/frase ma che porta con se un grandissimo valore. Consumare i pasti a tavola, condividendo il gusto di ciascuno di essi è, in alcune famiglie, una prassi fondamentale. Consumare i pasti a tavola significa dedicare del tempo all’alimentazione, alle fasi di preparazione del piatto, al gusto, assaporando ogni prezioso ingrediente. È vero, “la tavola” è un luogo d’incontro, un luogo dove si “concludono affari”, la tavola è il posto dove ci si accomoda per condividere gusti, ma ciò che realmente conta è quell’armonia che ci permette di assaporare ogni piccolo e significativo ingrediente.

Dunque, la sfida più grande della nostra società resta quella di recuperare i sapori antichi di una volta, rinnovandoli nel gusto contemporaneo, tornare ad avere un sano rapporto con la materia prima, mirando all’eccellenza degli ingredienti, ma, soprattutto, cercando di dedicare il giusto valore al tripudio di sapori la cui essenza gratifica non solo il nostro palato, ma anche il nostro ”spirito”, predisponendoci positivamente alle ragioni più svariate dei nostri incontri a tavola.

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