Israele ha notificato ufficialmente a Hamas che c’è tempo solo una settimana per arrivare a un accordo, scaduto il termine l’esercito entrerà a Rafah. Il direttore della Cia si è precipitato al Cairo per dare più peso ai negoziati, ma Hamas ha accusato il premier israeliano Netanyahu di boicottare qualunque piano di tregua e “contrastare ogni possibilità di concludere un accordo.” Sul tavolo c’è la proposta dell’interruzione dei combattimenti – tra esercito regolare e terroristi sparsi per la Striscia di Gaza – per 40 giorni e liberazione degli ostaggi israeliani e liberazione di palestinesi incarcerati. Il capo politico di Hamas, che si trova in Qatar, Ismail Haniyeh, che è stato due settimane in Turchia, ha promesso che invierà una delegazione al Cairo con l’obiettivo di un accordo e che c’è uno “spirito positivo.” Il Governo israeliano ieri ha confermato la morte di un ostaggio: Dror Or, 49 anni, è stato ucciso e il suo corpo è stato trattenuto a Gaza dal 7 ottobre, ha riferito il kibbutz Be’eri dove viveva. Sua moglie Yonat è stata uccisa nell’assalto, mentre due dei loro tre figli, Noam e Alma, di 17 e 13 anni, sono stati rapiti e poi liberati a novembre durante la prima tregua.
Regno Unito sanziona i coloni
Anche il Regno Unito, come gli Stati Uniti, ha annunciato di aver adottato sanzioni contro gli “estremisti” israeliani a causa dell’”aumento senza precedenti” delle violenze commesse dai coloni in Cisgiordania. Londra ha chiesto a Tel Aviv di “reprimere” questi coloni che minacciano “la prospettiva di pace.” Secondo il Governo londinese gli “insediamenti sono illegali e il loro scopo è di espellere tutti i palestinesi dai territori occupati.” Tra le persone sanzionate anche Noam Federman, ex leader del movimento anti-arabo Kach (ora bandito), per aver “addestrato gruppi di coloni a commettere violenza contro i palestinesi”. Suo figlio, Ely Federman, era già stato sanzionato da Londra a febbraio. Secondo fonti palestinesi, dal 7 ottobre scorso, 491 palestinesi sono stati uccisi da soldati o coloni israeliani in Cisgiordania. Più di 2,9 milioni di palestinesi vivono nella Cisgiordania occupata, separata dalla Striscia di Gaza dal territorio israeliano. Lì vivono anche circa 490.000 israeliani, in insediamenti ritenuti illegali secondo il diritto internazionale.
Houthi: miriamo a tutte le navi
I ribelli Houthi hanno annunciato l’inizio di una “quarta fase dell’escalation” che avrebbe inizio nel caso Israele dovesse avviare l’attacco su Rafah. “Prenderemo di mira tutte le navi che violano la decisione di divieto di navigazione israeliana e quelle dirette ai porti della Palestina occupata dal Mar Mediterraneo in qualsiasi area raggiungibile all’interno della nostra ampia zona.” Hanno scritto in una nota, che continua: “se il nemico israeliano intende lanciare un’operazione militare aggressiva contro Rafah, le forze armate yemenite imporranno sanzioni globali a tutte le navi e compagnie legate al rifornimento e all’ingresso nei porti palestinesi occupati di qualsiasi nazionalità e impediranno a tutte le navi di queste e alle imprese di transitare nella zona operativa delle forze armate, indipendentemente dalla loro destinazione.”
Studenti in agitazione
Proteste negli atenei non solo negli Stati Uniti, ma anche a Parigi, a Sciences Po dove la polizia è intervenuta per evacuare una cinquantina di militanti pro-Palestina che avevano occupato le aule. Sarebbe stato lo stesso premier Gabriel Attal a chiedere l’intervento dopo l’occupazione della facoltà. Contemporaneamente alla Sorbona l’Unione studenti ebrei ha organizzato un dibattito, mentre nelle altre università; Le Havre, Dijon, Reims e Poitiers ci sono state forme di occupazione e protesta, come lo sciopero della fame di alcuni studenti. Negli Stati Uniti, invece, una cinquantina di studenti sono stati arrestati nei campus di Greenwich Village di due università newyorchesi; la New School e la New York University.
A Gaza tornati indietro di 40 anni
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato di aver elaborato un piano di emergenza da mettere in atto nel caso di un’operazione militare di terra israeliana a Rafah. “Ma questo piano non eviterà altre morti”, ha precisato l’Oms. “Naturalmente, stiamo elaborando piani di emergenza per garantire che il sistema sanitario sia preparato e possa continuare a fornire assistenza”, ha dichiarato il portavoce dell’Oms Richard Peeperkorn: “l’operazione militare porterà a una nuova ondata di sfollamenti, maggiore sovraffollamento, minore accesso al cibo, all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.” Intanto si fanno i piani per il dopo. Abdallah al-Dardari, direttore dell’ufficio regionale per gli stati arabi del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) ha dichiarato che nell’area non si vedeva “una distruzione simile dal 1945”. Il dirigente ha aggiunto che a Gaza sarà necessario rimuovere 37 milioni di tonnellate di detriti, 15 volte più di quelli causati dal conflitto del 2014, quando furono 2,4 milioni. “Sono stati spazzati via tutti gli investimenti nello sviluppo umano realizzati negli ultimi 40 anni”, ha denunciato al-Dardari e “per la ricostruzione serviranno tra i 40 e i 50 miliardi di dollari.”