La riforma costituzionale che introduce il “premierato” è ormai delineata nella versione definitiva. Rispetto al testo originario sono stati dati poteri importanti al Premier, come la richiesta-proposta di di revoca dei ministri, sono stati limitati a due i suoi mandati con un tetto massimo di 12 anni e sei mesi: un’eternità vista la caducità dei governi italici. Il testo approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato non sarà modificato dalla maggioranza di centrodestra nelle 4 votazioni, due alla Camera e due al Senato, cui sarà sottoposto nei prossimi mesi. Poichè, presumibilmente, mancherà la maggioranza dei due terzi nel secondo passaggio a Montecitorio e a Palazzo Madama, si andrà al referendum confermativo. Meloni ha già messo le mani avanti, memore della sonora lezione inflitta dagli elettori nel 2016 a Renzi :se la riforma sarà bocciata nessun problema, lei e il Governo andranno avanti come se niente fosse.
Al di là della prudenza, Meloni ci tiene molto a questa riforma che è un modello unico al mondo di investitura popolare del capo del Governo e della maggioranza parlamentare.
Tutto il nucleo del premierato è qui: il premier eletto dal popolo deve avere garantita una maggioranza nelle Camere. Questa garanzia non esiste né negli Stati Uniti, né in Francia né nel Regno Unito.
Il Presidente americano si trova spessissimo a non avere il controllo della maggioranza o alla Camera dei rappresentanti o al Senato o a volte in tutte e due i rami del Congresso. Cionondimeno si considera quello americano presidenzialismo pieno.
Nel regime francese, detto semipresidenziale, il Capo dello stato eletto dai cittadini non ha alcuna garanzia di avere la maggioranza nell’Assemblea nazionale e può essere costretto a “coabitare” con un Presidente del consiglio che egli nomina ma che appartiene ad una maggioranza diversa da quella che lo ha portato all’Eliseo.
Nel Regno Unito il Primo ministro gode sì del sostegno della sua maggioranza ma non è eletto dal popolo, in quanto a Dowening street ci va il leader del partito che ha vinto le elezioni. E questo leader viene eletto dai maggiorenti del partito non dai sudditi Sua Maestà.
In Italia, se passerà il premierato, in Parlamento ci sarà per Costituzione una maggioranza, attribuita anche con un premio, “alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio”. Come questo tecnicamente possa accadere, lo stabilirà la legge elettorale prossima ventura che non si annuncia affatto di facile stesura. Fin quando non sarà chiaro questo meccanismo elettorale il premierato resterà ”sospeso”.
La battaglia ora si sposta tutta sul terreno delle norme elettorali, su cui il nostro Parlamento ha una gloriosa storia di volubilità, di fantasia e anche di calcoli sbagliati. Vedremo. Ma rimane sempre un dubbio: fino a quando le maggioranze parlamentari saranno formate da coalizioni di forze politiche anche il premier eletto dal popolo dovrà fare i conti con i capricci dei capipartito. Sarà anche questa una “coabitazione” tutt’altro che tranquilla.