Il regime teocratico e dittatoriale di Teheran vuole la distruzione dello stato di Israele. E’ a buon punto nell’arricchimento dell’uranio necessario per la bomba atomica: è al 60%, deve arrivare al 90%.
Fomenta la destabilizzazione dell’intero Medio Oriente. Ma difficilmente pensa di superare la linea rossa che potrebbe portare ad un conflitto vero e proprio con lo Stato ebraico a breve termine. I suoi obiettivi sono più ambiziosi e richiedono altro tempo.
La retorica bellicista iraniana nasconde la preoccupazione per la crescente perdita di consenso interno di cui gli ayatollah cominciano ad essere consapevoli, dopo le ondate di manifestazioni contro le violenze alle donne e dopo il fallimentare esito delle elezioni di marzo, in cui solo il 41%è andato a votare.
Ma la strategia dell’Iran punta a continuare a tessere la tela della sua influenza nell’area mediorientale sbandierando in maniera strumentale la questione palestinese. Al potere dall’11 febbraio del 1979 per colpa di un Occidente distratto e superficiale, gli ayatollah hanno imparato il mestiere della politica.
I richiami religiosi sono sempre più solo uno strumento di potere e sono gestiti con la dovuta flessibilità. Da rigidi sciiti, i governanti di Teheran hanno stretto accordi con in nemici di sempre sunniti quando gli ha fatto comodo. Non solo con Hamas ma in particolare con la Fratellanza musulmana la cui ideologia dell’ Islam politico conquista sempre più le opinioni pubbliche stando ai dati del Pew Research Center : Egitto (85%),Giordania (76%),Indonesia (91%), Libano (58%), Pakistan (69%), Nigeria (82%), e perfino in Turchia(38%).
L’Iran si propone come capofila di questo movimento e aspira a diventare il leader del mondo arabo, scalzando l’Arabia saudita e mirando a mettere in difficoltà i Paesi che con Israele stanno negoziando gli accordi di Abramo. Il regime di Teheran ha oggi influenza diretta sullo Yemen tramite gli Houthi, in Libano tramite Hezbollah, in Iraq tramite le milizie sciite al-Hashd al-Shaabi, in Siria come supporto indispensabile per Bashar al-Assad. A questo dinamismo diplomatico e militare l’Iran ha aggiunto il legame sempre più stretto con la Russia cui fornisce droni contro l’Ucraina e da cui riceve caccia supersonici.
Insomma ce n’è abbastanza per essere preoccupati del crescente ruolo iraniano nello scenario geopolitico. La soluzione della questione palestinese toglierebbe a Teheran un argomento usato strumentalmente per giustificare la sua minacciosa strategia di influenza.