Nel ‘Rapporto di previsione di primavera’ elaborato dal Centro Studi Confindustria emerge per l’anno 2024 un incremento del Prodotto interno lordo pari al +0,9%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto nello scenario di ottobre scorso, mentre la crescita nel 2025 è attesa poco superiore al +1,1%.
Le stime sono lievemente inferiori a quelle del governo che, nell’ultimo Def ha previsto una crescita del Pil al +1% nel 2024 e al +1,2% nel 2025. Secondo Confindustria nel primo trimestre del 2024 gli indicatori congiunturali sull’attività economica fotografano una fase di parziale stagnazione ma il Pil tornerà a crescere in modo più robusto dalla seconda metà del 2024 e nel corso del 2025, grazie al taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea e all’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Elettricità e Superbonus
Secondo il Centro Studi Confindustria, ci sono anche vari fattori che tenderanno a frenare il Pil italiano nel biennio. Il primo freno riguarda il costo dell’elettricità pagato dalle imprese che resta il più alto in Italia rispetto ai principali Paesi Ue e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali come Usa e Giappone. Tutto ciò crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane. Una riforma del mercato elettrico e una maggiore quota di rinnovabili nella generazione elettrica potrebbero attenuare i costi dell’energia in Italia e ridurre (sebbene non eliminare) la dipendenza estera. Il secondo freno riguarda il graduale “phase out” del Superbonus, già in scadenza a fine 2023 in termini di aliquota al 110%, e degli altri incentivi all’edilizia. Le costruzioni ad uso residenziale, in termini di valore aggiunto e quindi di contributo al Pil, dovrebbero risentire fortemente di tale prevista riduzione degli incentivi, già nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. Terzo freno, infine, è riconducibile alle strozzature mondiali nei trasporti e il loro impatto negativo per l’industria italiana. Il tema della sicurezza dei trasporti non riguarda solo il Mar Rosso, snodo cruciale dello scambio di merci tra Europa ed Asia, ma anche numerose altre fragilità lungo le rotte internazionali di trasporto, per esempio nello stretto di Malacca (in Asia) e nel canale di Panama (in America).
Lavoro e occupazione
L’occupazione, misurata in termini di unità equivalenti a tempo pieno (ULA), avanzerà nell’orizzonte previsivo a un ritmo di poco inferiore a quello del Pil: +0,7% nel 2024 e +1,0% nel 2025. La recente buona performance dell’occupazione ha permesso un rientro del tasso di disoccupazione, sceso al 7,4% a inizio 2024 dal picco del 10,2% registrato nella primavera 2021. Tasso che è previsto calare nel 2025 al 7,1%, grazie a un’occupazione in ulteriore aumento e una forza lavoro che continuerà ad avanzare ma a ritmo contenuto.
Da notare che è in atto una ricomposizione della forza lavoro in cui l’industria perde lavoratori a vantaggio dei servizi; crescono dal 2015 i lavoratori dipendenti mentre si riducono gli indipendenti che rimangono comunque sopra la media europea. In forte crescita negli ultimi anni anche il tasso di occupazione dei giovani ma un forte contributo viene dalla riduzione della popolazione, più che dal maggiore impiego dei giovani.
Deficit pubblico
Confindustria ha analizzato la stima del deficit pubblico nel 2023. Quest’ultima è stata di recente fortemente rivista al rialzo dall’Istat, al 7,2% del Pil dal 5,3% previsto nella Nadef di settembre scorso. La revisione è legata a modifiche nel trattamento contabile delle risorse mobilitate dal Superbonus e da transizione 4.0. Nello scenario previsivo, il rientro del deficit sarà consistente nel 2024, arrivando al 4,4% del Pil, più lento nel 2025, al 3,9%. Ciò grazie a una dinamica positiva delle entrate e al graduale venir meno degli incentivi all’edilizia. Il debito pubblico italiano è stimato in risalita al 139,1% del Pil nel 2024, ovvero +1,8 punti di Pil in più rispetto al 2023, e nel 2025 è previsto continuare a salire di altri 2 punti, al 141,1. Questo per effetto di due fattori: la differenza tra costo medio del debito e crescita nominale torna ad essere positiva; c’è un effetto sfavorevole di riclassificazione contabile relativo, come detto, ad alcune agevolazioni fiscali. Sui conti pubblici tornano operative quest’anno le regole del patto di stabilità e crescita che, largamente modificate e per lo più in meglio, richiederanno all’Italia e a diversi altri Paesi Ue interventi per migliorare deficit e debito, per riportarli verso i parametri fissati che, in sintesi, richiedono un indebitamento stabilmente e significativamente sotto al 3%.