venerdì, 15 Novembre, 2024
Attualità

Un francobollo che ricorda Giovanni Gentile a 80 anni dall’assassinio

Il filosofo siciliano fu assassinato da un gruppo di partigiani del Gap

Poste Italiane, il 10 aprile scorso ha emesso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy un francobollo commemorativo di Giovanni Gentile, nell’80°anniversario della scomparsa, relativo al valore della tariffa B pari a 1,25 euro. La tiratura è di 250mila esemplari. La vignetta riproduce un ritratto di Giovanni Gentile, filosofo del Novecento europeo e tra i maggiori esponenti dell’idealismo italiano; come Ministro della pubblica istruzione (ottobre 1922 – giugno 1924) compì nel 1923 la riforma della scuola italiana nota come la “Riforma Gentile”. Completano il francobollo le legende “Giovanni Gentile”, le date “1875 – 1944” e la scritta: “filosofo e ministro pubblica istruzione”.

Filosofo e politico fascista

Gentile nacque a Castelvetrano, provincia di Trapani, il 29 maggio 1875, ottavo di dieci fratelli, due dei quali erano già morti quando egli vide la luce. Suo padre, che si chiamava anche lui Giovanni, era farmacista; sua madre, Teresa Curti, maestra elementare. Laureatosi nel 1897, Gentile delude le speranze paterne che lo immaginava farmacista e segue un corso di perfezionamento a Firenze prima di ottenere presso il convitto nazionale “Mario Pagano” di Campobasso una cattedra in filosofia. Si trasferisce a Napoli per insegnare al liceo “Vittorio Emanuele”, ma prima sposa nel 1901 Erminia Nudi, incontrata proprio a Campobasso, con la quale avrà sei figli. Diventa libero docente di filosofia teoretica e, nel 1903, di pedagogia. Insegna all’Università di Palermo, poi a Pisa e a Roma. Qui si avvicina al fascismo e il 31 ottobre 1922 viene nominato ministro della Pubblica Istruzione da Benito Mussolini. L’anno successiva elabora la “riforma Gentile” che supera la legge Casati della metà del secolo precedente.In seguito all’assassinio di Giacomo Matteotti, Gentile si dimette da ministro dell’Istruzione, ma accetta di diventare il presidente della Commissione dei Quindici impegnata a riformare lo Statuto Albertino. Nel 1925 è autore del Manifesto degli intellettuali fascisti, nel quale individua proprio nel fascismo un motore potenziale della rigenerazione religiosa ed etica del popolo italiano, provando a trovare una connessione con il Risarcimento.

L’assassinio “delle idee”

Il 15 aprile 1944 – in questi giorni è ricorso l’anniversario – davanti al cancello della sua villa al Salviatino, Giovanni Gentile venne assassinato da un commando dei Gap di Firenze; un gruppo di partigiani comunisti comandato da Bruno Fanciullacci, che secondo alcune ricostruzioni mentre sparava urlava: “non uccido l’uomo, ma le sue idee”. L’agguato coinvolse anche la deputata costituente Teresa Mattei del Pci che anni dopo, nel 2004, raccontò in un’intervista al Corriere della Sera: “per fare in modo che i gappisti incaricati dell’agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso l’Accademia d’Italia della Rsi, che lui (Gentile) dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile imbarazzo.” La deputata, allora, disse anche una frase che oggi è attuale più che mai: “in guerra la vita umana perde valore. Ci muovevamo in mezzo al sangue, assistevamo ogni giorno a crimini orrendi che ci avevano induriti. Ci sono momenti, nella storia, che non ammettono mezze misure.” Gentile fu anche ispiratore e presidente dell’Enciclopedia Treccani e direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa. La fedeltà al partito fascista, in cui vedeva l’incarnazione del suo credo filosofico e dei moti risorgimentali di unità nazionale, lo indusse ad aderire nel 1943 alla Repubblica sociale italiana, benché lo stesso regime lo avesse ormai relegato a un ruolo politico di scarso rilievo. Il filosofo siciliano fu ucciso poco prima di compiere 70 anni.

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