La pagina di storia che stiamo vivendo con l’emergenza sanitaria planetaria è unica: una di quelle che, nell’antichità, sarebbe stata riportata nelle (sacre) scritture dei popoli per narrare una storia unica nel suo genere e per lasciare un insegnamento o un monito per il futuro cammino, come la storia di Noè, della torre di Babele, di Giuseppe in Egitto o di Mosè e la fuga del popolo di Israele.
Ogni popolo o cultura ha la sua storia intrisa di significato.
C’è però una importante differenza: questa storia la stiamo vivendo insieme, non più come popoli o culture distinte, ma comunità nel nostro insieme; ognuno di noi è ormai consapevole che dall’altra parte del globo qualcuno che conosciamo (o non ancora) corre gli stessi rischi o vive le stesse emozioni.
È troppo presto per cogliere oggi il monito o l’insegnamento che l’umanità ne trarrà, mentre viviamo in pieno questi attimi di storia, preoccupati per i nostri cari, amici e conoscenti; preoccupati per le sorti dell’umanità.
Questo però non legittima ogni sospensione di giudizio, valutazione o serio impegno personale nel lavoro quotidiano, soprattutto se di responsabilità istituzionale.
Chi ritiene che serve attendere la fine di tutto per tirare le somme non è realmente consapevole di ciò che stiamo vivendo. Serve ritrovare consapevolezza situazionale sul presente che viviamo, per non subire il cambiamento che deriva dagli eventi: “È ormai un luogo comune pensare, e affermare, che viviamo in un’epoca eccezionalmente instabile. Il mondo, ci dicono, non è mai stato più imprevedibile. Queste affermazioni inducono a una reazione cauta, se non addirittura scettica. È giusto essere cauti. Il mondo è sempre stato instabile, e il futuro è imprevedibile per definizione. Le nostre preoccupazioni attuali potrebbero essere molto più gravi.” (Sir John Scarlett, direttore MI6 dal 2004 al 2009, prefazione a “Le 10 mappe che spiegano il mondo” di Tim Marshall, ed. Garzanti, 2015).
Un monito, nel 2015, tra i tanti che non abbiamo saputo ascoltare: ora corriamo ai ripari, mentre siamo tutti presi dalla paura, dalla sensazione di instabilità e dall’incertezza del domani. Una prospettiva su cui si giocherà una partita delicata sul piano geopolitico ed istituzionale dell’immediato futuro: “In una fase di paura e di instabilità le persone continueranno a raggrupparsi per difendersi da minacce percepite. Quelle minacce non vengono solo dall’esterno” (I Muri che dividono il Mondo, Tim Marshall, ed. Garzanti, 2018).
Non è possibile affidare i cambiamenti alla paura ed al senso di instabilità: una “lezione” appresa durante la lezione in streaming di mia figlia, prossima a compiere 6 anni a giugno, con la sua classe e la sua maestra. Una forza travolgente di emozioni positive che bucano la rete, infondono speranza, coraggio e gioia, rendendo umana l’algida rete informatica: una trasfigurazione dello streaming, a cui è mancato solo il momento autentico dell’abbraccio e del calore che questa magia ha saputo esprimere.
La rete – che ci ha inondato per giorni e giorni di notizie, video e dati preoccupanti – mi ha riacceso una luce di speranza e di ottimismo. Sono così tornato a riprendere in mano Originals, di Adam Grant (ed. Hoepli 2016), per ripercorrere le ultime parole delle conclusioni del suo saggio, come gli anticonformisti cambiano il mondo: “I nostri figli, Joanna, Elena e Henry, significano tutto per me e mi hanno spinto a pensare in modo diverso a questo libro. Mi hanno insegnato che per diventare originali gli adulti devono passare meno tempo ad imparare e più tempo a disimparare. E mi hanno spinto a essere meno conformista nella speranza di creare un mondo migliore per loro”. Scelgo di riportare anche i nomi (Joanna, Elena e Henry) perché dietro ogni nome c’è una relazione umana, unica e non ripetibile; quella relazione che temiamo di perdere con la pandemia del covid 19, che ci tiene tutti a casa nella speranza di non perdere nessuno dei nostri cari e di poterli riabbracciare con la stessa forza di quell’abbraccio virtuale tra bambini e la maestra durante la lezione in streaming.
Come però spesso accade, più ti avvicini per vedere meglio, più è facile essere distratti dalle apparenze; ma c’è sempre una certezza: con il fuoco non si gioca, perché è imprevedibile e le conseguenze e gli effetti negativi potrebbero essere incalcolabili rispetto ai possibili benefici.
Ancora non abbiamo appreso il monito e non abbiamo tutti gli strumenti per comprendere gli insegnamenti della pandemia da covid-19.
Ma una certezza l’abbiamo acquisita: se pensavamo, in Italia e in Europa, di aver ipotecato il futuro dei nostri figli con il debito pubblico, è nulla rispetto agli effetti su scala di questa pandemia che ridefinirà i confini e cambierà il mondo e le istituzioni, o forse la percezione di cosa sia la democrazia, più di quanto potremmo immaginare. In meglio o in peggio, dipenderà dalla nostra capacità di volgere lo sguardo nella giusta direzione, e dalla nostra capacità di andare oltre la superficialità o l’apparenza, concentrando gli sforzi e l’impegno di tutti nella speranza di creare un mondo migliore per loro, i nostri figli, i figli dei nostri amici, conoscenti, vicini e, anche, aggiungo, avversari: perché un giorno uno di loro potrebbe essere nostro genero o, come sta accadendo in questi giorni, il medico o l’infermiere che se ne prende cura.
Il lavoro agile, in modalità smart working, sta consentendo a noi genitori di restare ancorati alle nostre certezze sociali, produttive ed economiche, di dare il contributo alla società del presente e del domani, potendo svolgere, anche attraverso la rete, quel lavoro fatto bene, con la cura dei particolari, precludendo una spesa pubblica senza controllo in tempi di emergenza o prevenendo lo sviamento nell’esercizio di delicate funzioni pubbliche: l’emergenza sanitaria non ha ancora ridotto a simulacro la nostra Costituzione e i suoi valori, di impegno e servizio, intorno ai quali dovremmo con più lealtà stringerci, quale sacrario dell’eredità lasciataci non senza sacrifici. Gli stessi, nella diversità di situazione, che noi ora siamo chiamati a compiere per i nostri figli.
Ma non è tutto, serve andare oltre e iniziare a fare tutti tesoro del presente. Concludo allora con l’ottimismo che la lezione di classe, in streaming, mi ha infuso costringendomi a cambiare la prospettiva: oggi la paura e l’instabilità muovono e disegnano i confini, forse anche delle democrazie occidentali; vorrei tornare quest’estate a guardare le stelle con i miei figli, sapendo che il peggio è passato perché “Quando puntiamo alle stelle, le difficoltà che ci attendono sono tali che probabilmente dovremmo unirci per superarle… c’è ancora tanta strada da percorrere” (Tim Marshall). E questo non è solo un auspicio, ma anche un appello perché non è mai troppo tardi per invertire la rotta.