Con la Pasqua oggi il mondo Cristiano celebra il passaggio da morte a vita di Gesù. Un evento tra i più significativi per la nostra fede religiosa. Un “passaggio“ che è un monito per ogni nostra riflessione e azione in particolare quando milioni di persone, di cristiani e di innocenti sono coinvolte in guerre con il loro carico di morte, devastazione, paura e dolore.
Troppi incitamenti alla guerra
Per non rassegnarsi ai conflitti è necessario essere instancabili protagonisti nel promuovere azioni di pace. Per questo poniamo un interrogativo. È giusto ascoltare dai vertici delle istituzioni europee e da capi di Stato e di Governo un crescendo di posizioni che evocano la corsa agli armamenti e la preparazione ad un prossimo possibile conflitto? È giusto insistere, come avviene in questi giorni, indicare per l’Europa la inevitabile necessità di una “economia di guerra”, dichiarando che si è già in “età prebellica”?
No alla logica delle armi
Se con tutti i suoi valori di solidarietà e democrazia – la tragedia del secondo conflitto mondiale con i suoi 68 milioni di morti – l’Europa si incammina nella “logica delle armi”, c’è da interrogarsi su come siano cambiate nell’arco di pochi mesi le priorità dell’Unione. L’agenda dei 27 Paesi era dominata da due obiettivi: digitale e clima. Priorità e miliardi che dovevano servire per l’annunciata “transizione” tecnologica ed ecologia. Siamo invece passati dal “Next Generation EU”, cioè dalla costruzione di un futuro migliore per i giovani, alla corsa agli armamenti.
Esercito Ue e ruolo di pace
Non è certo in discussione da parte nostra il fatto che l’Unione non debba potenziare gli eserciti ed averne uno suo, ma, nel contempo, l’Europa non può rinunciare ad assumere un ruolo politico capace di costruire un equilibrio di pace. Se invece parliamo quotidianamente di armi e di guerra si rischia di abbandonare il “Green Deal” a favore di un “Defence Deal”, i cui esisti sono imprevedibili. Far tacere la diplomazia per lasciare spazio solo alle armi, è già un segno di prossime sventure.
Record di emergenze umanitarie
Senza calcolare che assistiamo nel mondo a un drammatico aumento di emergenze umanitarie. Ci sono oltre 340 milioni di persone che vivono sotto il peso di guerre, crisi climatiche, sanitarie e alimentari. Ci sono rifugiati e richiedenti asilo, e il loro numero è cresciuto nell’ultimo anno del 35%, con il record di 8,9 milioni che ha spinto il totale di rifugiati e richiedenti asilo a 35 milioni. Cifre destinate ad inasprirsi. Dietro i numeri ci sono milioni di bambini, di giovani madri, di anziani. C’è lo scenario della povertà che non risparmia nemmeno l’Italia, dove le famiglie in emarginazione assoluta sono l’8,5% del totale con circa 5,7 milioni di individui in povertà.
Più cibo, sicurezza e pace
Nel mondo ci sono milioni di persone che chiedono cibo, inclusione, sicurezza, un futuro di prosperità e di pace. Non tutto è raggiungile con il dialogo, perché sperimentiamo dalle cronache di guerra e dagli atti terroristici la triste verità della “forza che ha ragione”. Ma, tuttavia, non è nemmeno possibile difendere i valori di giustizia, democrazia e di una pace giusta (che non sia frutto di sopraffazione), facendo solo affidamento all’industria bellica le cui lobby esercitano una influenza straordinaria e vastissima. Per avere una dimensione finanziaria, la stima della corsa alle armi salirebbe solo in Europa di 400 miliardi l’anno.
L’Europa sia un modello
Se vogliamo festeggiare Pasqua riflettiamo sulle conseguenze. Lotta alla povertà e pace sono strade strette e difficoltose, ma di certo avremo un cammino umano e non costellato di distruzioni e lutti. L’Europa come è accaduto per il “Recovery” nell’affrontare la pandemia, sia un modello di unità e solidarietà. Le capacità di costruire un nuovo equilibrio su democrazia e pace possono ancora esserci, non disperdiamole