venerdì, 22 Novembre, 2024
Attualità

Il caso Bari e una legge da rivedere

L’invio della Commissione d’accesso agli atti al Comune di Bari, disposta l’altra settimana dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, avrebbe potuto avere, per il clamore suscitato, un aspetto positivo: l’avvio di un serio dibattito per la riforma o l’abrogazione di una legge che in nulla ha inciso nella interminabile guerra alla mafia.

Avrebbe potuto avere, ma non ha avuto.
Con la leggerezza e superficialità tipica degli attuali politici italiani il tema è stato dapprima inquadrato nella asfissiante ed anacronistica e stitica diatriba tra una destra che non c’è più ed una sinistra che non c’è ancora. Classificazioni, schemi, da vecchio sepolcro imbiancato come chi scrive queste righe; soltanto vaghi concetti storici per i diciottenni di oggi.

Il tema, poi, è stato addirittura buttato in caciara dopo l’infelice uscita del governatore della Puglia ed ex sindaco di Bari, Emiliano, che volendo difendere Decaro in una pubblica piazza, ha finito non soltanto per inguaiarlo del tutto, ma anche per dare argomenti alla commissione di accesso: a Bari – si potrebbe malevolmente sostenere – fin da quando era sindaco Emiliano e Decaro solamente giovane assessore, l’amministrazione si raccomandava alla mafia pugliese per il mantenimento dell’ordine pubblico. Scontato dire che tale versione è subito stata smentita dagli interessati, soprattutto dal Presidente Emiliano che ha proposto un senso diverso alle parole pronunciate.

Uscita di Emiliano, comunque la si voglia intendere, che – come sopra annotato – ha suscitato solo prese di posizione dogmatiche. E che forse ha dato forza alla battuta del Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, il quale, commentando i test attitudinali disposti per gli aspiranti magistrati, ha suggerito che quei test fossero opportuni anche per i politici…

Insomma, nessun dibattito vero e credibile, ma soltanto reciproche accuse: lo schieramento di centrodestra si indigna affermando di non avere mai usato la legge per lo scioglimento dei comuni contro arma politica contro le amministrazioni di centrosinistra; e viceversa.
Ma nessuna domanda seria su un istituto che, quindi, da tutte le parti politiche si ritiene suscettibile di essere strumento del potere.

In effetti lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose non è affidato alla magistratura, non è valutato dal giudice penale. Esso è rimesso al potere esecutivo. Sostanzialmente alle stesse prefetture che poi esprimeranno i commissari incaricati di sostituirsi agli amministratori. Per sciogliere un’amministrazione non servono prove certe, non deve essere neppure accertato un reato. Basta un mero sospetto. Un dubbio, quindi, una insinuazione, che ha la forza di sciogliere non soltanto un piccolo ed indifeso comune, ma persino una città metropolitana dell’importanza e grandezza di Bari, sulla base di un concetto che giuridicamente si esprime col “è più probabile che non”.

Uno strumento forte, che un esecutivo che volesse fondare la sua azione sull’imposizione e non sulla ricerca del consenso democratico potrebbe abusare. Centrodestra e centrosinistra, come già detto, sostengono entrambi di non averlo mai usato. Ma ciascuno dei due schieramenti fa riferimento solo a sé stesso. Perché ciascuno dei due “centri” è pronto a sostenere che l’altro qualche volta se ne sia servito. Il dubbio dovremmo porcelo, se anche un costituzionalista come Cassese ha annotato che certi strumenti legislativi, antimafia compresa, possono divenire strumenti utilizzati per regolare conti in ambito politico e non solo.
Quindi uno strumento perplesso, certamente giustizialista, che si potrebbe facilmente prestare ad un abuso.
Ma soprattutto uno strumento che in nulla ha contribuito nella lotta alla mafia ed in nulla contribuisce: spuntato, di fronte ad una mafia molto più raffinata di quella agricola del passato. La mafia oggi non uccide, non taglieggia (occorrendo e valendone la pena diventa partner finanziario), è laureata, parla più lingue, è di casa dove la finanza internazionale prospera.

Al punto che secondo la mia sommessa opinione è capace di far determinare lo scioglimento di un’amministrazione ostile. Pensiero personalissimo che ho già espresso in passato: anche i mafiosi conoscono i meccanismi della legge; quindi staranno lontanissimi da amministrazioni amiche; mentre se volessero provocare lo scioglimento di una giunta ostile, basterebbe farsi vedere spesso nei paraggi del sindaco e degli assessori e magari anche farne un elogio pubblico.

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