Mentre il sole calava all’orizzonte, in una domenica serena, un ristretto gruppo di individui si è radunato in una sala da pranzo di un pacifico borgo nel deserto del Negev per celebrare l’iftar, il pasto serale che segna la fine del digiuno quotidiano del Ramadan. I padroni di casa, animati dalla speranza di diffondere una luce di fratellanza interculturale in un periodo segnato da profonde fratture sociali causate dal conflitto in corso tra Israele e Hamas, avevano preparato una tavola abbondante. Datteri, riso, pollo e lenticchie adornavano i piatti mentre i convitati si scambiavano parole in un vivace intreccio di arabo, ebraico e inglese. Un beduino si distingueva con la sua kefiah, il caratteristico tessuto a quadri palestinese, mentre un uomo dalla Germania, dalle radici ebraico-israeliane, si presentava con una borsa da asporto giallo vivace proveniente da Delicatessen, rinomata bottega di Tel Aviv.
Notte speciale
Il Ramadan, mese sacro per i musulmani, è caratterizzato dall’iftar serale. In quella notte speciale, la famiglia Abu Qwaider, beduini del Negev, aprì le porte della propria abitazione agli ebrei israeliani, desiderosi di farli partecipare al pasto nella speranza che tale condivisione potesse incoraggiare il dialogo in un’epoca dove le tensioni tra palestinesi ed ebrei israeliani erano al culmine. Le trattative diplomatiche non avevano sortito effetti; il dolore e la voglia di vendetta si facevano sentire in Israele a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre; e nella vicina Striscia di Gaza, i palestinesi vivevano un Ramadan gravato dalla minaccia della fame, con oltre 32.000 vittime del conflitto. Muhammad Abu Qwaider, che aveva organizzato l’incontro nella sua dimora in collaborazione con il Negev Coexistence Forum for Civil Equality, fondato da arabi e ebrei progressisti, era consapevole della sfida che comportava promuovere la coesistenza in un periodo di aspra guerra, in un conflitto che si protraeva da decenni.