“Se la velocità del cambiamento all’esterno è maggiore di quella all’interno, la fine è vicina” . (Jack Welch, già chief executive officer di General Motors). E’ la nascita di un nuovo mondo, nuovi scenari che si affacciano nelle nostre sfere, anche in quelle più intime del sociale “vissuto” ed “organizzato”. Processi di implementazione con sinapsi improvvise, machine learning intrecciate alle discese del gradiente, e tanto altro. La digitalizzazione della conoscenza che va oltre la ricerca scientifica dello human information processing tanto caro al cognitivismo. Ecco allora la determinazione che la sociologia della conoscenza si fa modulo di approfondimento dell’AI.
Reti neurali convolutive e ricorrenti, deep learning, alberi decisionali, algoritmi genetici, reinforcement learning, etc.. Come ci ricorda il Consigliere di Papa Francesco, Padre Paolo Benanti, una democrazia che diventa “algocrazia” necessita assolutamente di un’algoretica che a mio aviso possa “riannodare il nastro”. Il pars pro toto si evolve in un mondo “oltre-verso” di elevata educazione nel quale le strutture del sapere diventano officine di alfabetizzazione digitale e dell’AI nel solco dell’innovazione sociale.
Ho già evidenziato spesso l’importanza degli Obiettivi dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile e sul rafforzamento della terza missione della conoscenza tra accessibilità per tutti e per tutte le età (Obiettivo 3, 4 e 11) esaltando al contempo la qualità dell’educazione e il trasferimento del sapere “sinergico, condiviso e partecipativo” nella relazione sociocivica con il territorio (civic university e public engagement).
Al centro rimane la “persona iper-tecno-connessa”, con una forte abilità di interazione con le nuove frontiere dell’apprendimento. Come spiegato dal professor Hartung della Jhon Hopkins University “i computer basati sul silicio sono certamente migliori con i numeri, i cervelli sono più bravi nell’apprendimento”. Mentre cerchiamo alfabetizzare al più presto la società, la persona naturale umana incontra la persona “prompt” artificiale. Rischiamo di distrarci e di osservare già in questo tempo che le disuguaglianze aumentano mentre l’alba già si colora di “intelligenza organoide” e di “immortality intelligence”, rendendo l’AI già archeologia. Non è Blade Runner ne’ 2001 Odissea nello Spazio.
Professori, ricercatori e personale tutto ogni giorno sperimentano le nuove tecnologie applicate alla società della conoscenza e del sapere superiore. E mentre il dialogo intergenerazionale fa posto a quello transgenerazionale, la nuova missione diventa la “co-produzione della conoscenza” tra sviluppo umano integrale e umanizzazione delle reti artificiali. La longevità che ingloba la persone in età adulta, età abitabile ed “età da inventare” secondo l’espressione di Mons. Vincenzo Paglia. Il diritto all’educazione “AI” eticamente alfabetizzata al pari del diritto alla “longevi-city” dove le repubbliche digitali si integrano con l’arco della vita (age-tech generation). Lo sviluppo umano della persona rende l’umanesimo digitale dell’impegno il nostro impegno, nella ricerca permanente della centralizzazione della persona.
Il “diritto alla crescita” umana della persona, di tutte le persone e di tutte le età.
E dinanzi a questa sfida che il trasferimento dei saperi contribuisce alla costruzione della “nuova sapienza sociale”, con le parti sociali, la società civile e il terzo settore. A tal proposito, evidenzio la capillarità delle reti territoriali associative dell’ente del terzo settore in materia di diritti delle persone anziane Federazione Nazionale delle Associazioni delle ADA quale volano dell’interpreatazione della contemporaneità cross-generazionale. “Ogni generazione si crede destinata a rifare il Mondo. La mia sa però che non lo rifarà. Il suo compito forse è ancora più grande. Impedire che il mondo non si disfi.” (Albert Camus)