Sono ormai prima che preoccupanti, drammatici i numeri appena resi noti dall’Istat sul calo delle nascite in Italia.
Al primo gennaio di quest’anno le anagrafe hanno registrato 439.747 nuovi piccoli cittadini, un minimo storico dall’Unità d’Italia. Di conseguenza, impressionante il saldo naturale fra nati e morti, meno 193.000 nel 2018.
Rispetto a 4 anni fa il 2014, la popolazione complessiva è scesa di 400.000mila unità e perfino fra gli stranieri che vivono in Italia, appena qualche anno fa riserva di fertilità, appaiono segni di adeguamento alla tendenza generale.
Siamo ormai, quanto a nascite, fanalino di code in Europa, tanto da fra prevedere all’Eurostat che nel 2050 nasceranno in Italia appena 375.000 bambini. Fra le conseguenze che si intuiscono, fra pochi decenni i nuovi bimbi potrebbero non avere fratelli, cugini o zii; solo genitori, nonni e bisnonni.
E’ un quadro preoccupante questo di una società prossima ventura fatta soprattutto di anziani e di vecchi: uno scenario nel quale potrebbero essere compresse anche attività importanti per una società che voglia essere progredita, competitiva e socialmente solidale.
Finora la politica ha accantonato o sottovalutato quanto già pesi e peserà in termini economici ed umani, l’invecchiamento della società italiana.
A questo punto, c’è da chiedersi se questo declino che sembra inarrestabile e che non è proprio di altri paesi europei, non trovi proprio le sue ragioni in politiche per la famiglia alare, episodiche ed inefficienti, oltre che con il diffondersi, complici i media, di una visione egoista della vita, chiusa agli stimoli della solidarietà e semmai intesa a scansare il veto delle responsabilità.
Ma chiediamoci quanto pesi sui comportamenti dei giovani, oltre all’assenza di politiche per la famiglia, un altro drammatico aspetto quello dell’assenza di politiche per la casa a prezzo accessibile, una scelta riformista che fu fervida nei primi decenni della repubblica e poi è sprofondata nelle burocrazie regionali