Polemica a tutto campo tra la ministra del Turismo, Daniela Santanché e il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro sul ticket per entrare a Venezia. Santanché è contraria all’introduzione di una tassa d’accesso per entrare nel centro storico di Venezia, cosa che il Comune ha appena approvato dopo anni di discussioni. “Non condivido la tassa d’ingresso introdotta a Venezia – ha detto la ministra – non sono d’accordo a usare la tassazione per gestire il turismo, non è nel nostro spirito. Non è quello che vogliamo fare”. La ministra ha poi chiarito ai cronisti che “le tasse stanno sulle scatole a tutti, meglio che costi di più un servizio che una tassa.”
Il ticket e le eccezioni
“Non sono particolarmente d’accordo sul numero chiuso – aveva già spiegato in passato – se il sindaco di Venezia vuole fare un test, ne capirà lui le valutazioni” aveva detto a ottobre all’assemblea Anci, riferendosi al sistema messo a punto dal Comune che, però, non prevede il numero chiuso, ma la prenotazione a pagamento (5 euro) e anche tante eccezioni (pendolari, residenti in Veneto). Il sistema entrerà in vigore dal 25 aprile per 29 giorni l’anno, considerati giorni di affollamento turistico, dalle 8.30 alle 16.30, con esenzioni per residenti, proprietari di casa, turisti che alloggiano dentro il comune di Venezia, veneti, persone invitate in città da veneziani parenti e amici.
Il turismo va organizzato
Il Comune lagunare non risponde direttamente alla ministra, ma rende noto alcune stime secondo le quale entreranno nel bilancio comunale 700 mila euro nel solo 2024 destinate a decuplicare nel 2025 e 2026, per arrivare a oltre 7 milioni l’anno. “Cifre indicative” ha precisato l’assessore al bilancio, Michele Zuin, rispondendo a chi le considera esagerate. Per la titolare del Mitur l’approccio deve essere diverso. “C’è un tema a monte – ha dichiarato – fino ad oggi il turismo lo abbiamo subito, oggi il turismo va organizzato. Dobbiamo avere anche alternative sulle offerte turistiche, non solo le città d’arte ma scoprire l’Italia più nascosta, ad esempio i 5.600 borghi. Il numero chiuso onestamente – ha concluso – credo sia forse la soluzione più semplice, ma non credo sia la migliore”.
Affitti brevi
Intanto a Venezia rimane anche la spada di Damocle della norma scaturita dall’emendamento Pellicani che prevede la possibilità, solo per la città lagunare e nessun’altra in Italia, di emanare un regolamento che dovrebbe limitare gli affitti brevi. Altra particolarità tutta veneziana che il Ministero non ha ancora affrontato e che se dovesse essere messa in atto, spiega l’Associazione Bre-VE, creerebbe un vero e proprio caos e danneggerebbe proprio la qualità e l’organizzazione dell’offerta turistica.