190 anni fa, il 15 aprile del 1834 a Berna faceva i primi passi la Giovine Europa, la prima organizzazione democratica sovranazionale nata dal sogno di Giuseppe Mazzini di liberare i popoli dai regimi assoluti. Ne fecero parte la Giovine Italia, la Giovine Polonia e la Giovine Germania.
Mi è tornata alla mente questa pagina della storia dell’800 leggendo quanto ha detto Mario Draghi all’Ecofin.
La visione dell’Europa di Mario Draghi è quella che gli ispirò l’audace difesa dell’euro per salvare non solo la moneta unica ma la stessa sopravvivenza dell’Unione. È lontana mille miglia da un’ impostazione “ragionieristica” che pensa solo a far quadrare i conti e poco si interessa dello sviluppo. Draghi dovette ricorrere a tutta la sua competenza tecnica ed autorevolezza per imporre la sua visione ad una Bce dominata dal rigorismo tedesco pedissequamente condiviso anche dalla Francia. I fatti hanno dato ragione a Draghi. Anche se la sua lezione non è stata ancora ben assimilata da alcuni banchieri centrali.
Parlando all’Ecofin ha toccato un argomento di valore strategico: la necessità che l’Ue investa 500 miliardi l’anno per stare al passo con le varie sfide tecnologiche, di sicurezza e ambientali. Il Bilancio dell’Ue è asfittico. Chiedere agli Stati membri di aprire i cordoni della borsa non è operazione facile , visti i conti in rosso anche di blasonate economie. Rimangono due strade che si intrecciano tra loro: fare debito comune e mobilitare il risparmio privato. L’Ue ha un rating migliore degli USA. Sui mercati suoi titoli sono appetibili. Quindi potrebbe usare questa credibilità e non tenerla nel cassetto. Un ‘emissione di titoli europei per 250 miliardi di euro l’anno non dovrebbe turbare più di tanto i sonni dei rigoristi la cui miopia rasenta spesso la cecità. Se 250 miliardi l’anno vengono spesi bene con politiche coordinate, poca burocrazia e tanta innovazione, le stesse economie dei rigoristi ne traggono vantaggio. Ma poi c’è il risparmio privato che giace nei conti correnti anche in periodi di inflazione elevata. Per rimetterlo in circolazione servono norme che unifichino i mercati dei capitali e creino incentivi forti all’utilizzo produttivo e non speculativo di queste risorse. Si può fare? Certamente. Ma bisogna cambiare la percezione dell’Europa nell’opinione pubblica. Quale migliore occasione della campagna elettorale per il Parlamento europeo per diffondere un’idea nuova e coraggiosa dell’Europa? Le forze veramente europeiste dovrebbero impegnarsi a spiegare ai cittadini che non è più pensabile l’Ue della burocrazia, dell’eccesso di normazione, della paura di crescere.
Solo una visione ottimistica, proiettata nel futuro e piena di progetti ambiziosi potrà far crescere una generazione di giovani, europei nella mentalità, che si sentano coinvolti in uno sforzo comune con altri loro coetanei sparsi nei 27 Paesi. È questa Europa giovane e dei giovani che deve vincere le resistenze e le gabbie burocratiche finora hanno paralizzato l’Ue. Per questo il sogno mazziniano di una Giovine Europa va oggi reinterpretato come mobilitazione delle coscienze dei giovani per liberare l’Europa dalle paure e proiettarla verso un destino di sviluppo e di prosperità basate sulla democrazia ,contro ogni deriva autoritaria, e su una moderna visione della giustizia sociale.