“Non è possibile raggiungere gli obiettivi della guerra per l’eliminazione di Hamas e al tempo stesso lasciare 4 suoi battaglioni a Rafah.” Lo ha detto il premier israeliano Netanyahu dopo aver dato l’ordine di evacuare l’area al Sud della Striscia e stanare i leader miliziani che si nascondono tra la popolazione civile. Secondo il primo ministro serve “un doppio piano”: l’evacuazione della popolazione per l’operazione militare di terra e l’eliminazione dei battaglioni di Hamas. Insomma Israele ha chiara la strategia: occupare completamente la Striscia di Gaza, eliminare i leader di Hamas e poi ragionare su un eventuale cessate il fuoco. All’inizio della risposta all’attacco del 7 ottobre i civili palestinesi erano stati spinti verso il sud per poter occupare Gaza City, ma ora che i combattimenti si sono spostati nella regione di Khan Younis e Rafah, gli sfollati non sanno più dove fuggire e potrebbero premere al confine dell’Egitto. Gli Stati Uniti hanno avvertito Israele che un’operazione a Rafah potrebbe rivelarsi disastrosa: Vedant Patel, portavoce del dipartimento di Stato, ha detto che “portare avanti un’offensiva del genere adesso, senza pianificazione e poca riflessione in un’area dove trovano rifugio un milione di persone, sarebbe un disastro.” Ieri anche il Financial Times ha commentato il quinto viaggio in Medio oriente del Segretario americano Antony Blinken come riprova di evidenti “profonde divisioni tra Washington e Tel Aviv.”
Il confine egiziano
Egitto avverte il pericolo e continua a sostenere le trattative di pace assieme a Qatar e Stati Uniti. “Il lavoro congiunto tra Il Cairo e Washington continua per raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza” ha fatto sapere ieri il Presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. Nella nota del Cairo, rilanciata dai media israeliani, si legge che “l’Egitto ha aperto il valico di Rafah dal primo momento senza condizioni o restrizioni e ha mobilitato una grande quantità di aiuti umanitari. Abbiamo fatto pressioni su tutte le parti interessate affinché portassero gli aiuti nella Striscia.” Nel frattempo forze di sicurezza egiziane si avvicinano al varco di Rafah. Una quarantina di veicoli della polizia si sono spostati da Al-Arish per andare a coprire la linea di confine tra la Striscia e Egitto mentre è stata innalzata la recinzione e rinforzata con filo spinato per impedire qualsiasi tentativo di sconfinamento. L’Egitto ha anche minacciato di far saltare il trattato di pace con Israele in vigore da 40 anni.
Usa e Egitto allineati
La presidenza egiziana fa sapere, inoltre, che è perfettamente allineata con la strategia dell’Amministrazione Biden nel considerare esagerata la reazione di Israele. “L’Egitto e gli Stati Uniti – si afferma nella nota di Al-Sisi – stanno lavorando a stretto contatto per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza, imporre una tregua umanitaria e consentire il rapido ingresso di aiuti umanitari nell’enclave assediata. I due Paesi condividono inoltre una posizione comune sul rifiuto dello sfollamento forzato e sull’importanza di stabilire pace, sicurezza e stabilità in Medio Oriente”. Poi con una discrepanza: mentre il Presidente Biden ha affermato che è stato lui a convincere Al-Sisi ad aprire il valico per far entrare aiuti umanitari, la nota egiziana smentisce le affermazioni del capo della Casa Bianca.
Paesi arabi riuniti a Riad
I ministri arabi che, intanto, si sono riuniti a Riad, in Arabia Saudita, hanno sottolineato “la necessità” di porre fine al conflitto, arrivando a “un cessate il fuoco immediato e completo”, e hanno rimarcato “l’importanza di intraprendere passi irreversibili per attuare la soluzione dei due Stati e riconoscere lo Stato di Palestina nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale.” Al vertice, ospitato dal ministro degli Esteri saudida Faisal bin Farhan, hanno partecipato i ministri degli Esteri di Emirati arabi uniti, Qatar, Giordania ed Egitto e del Segretario del Comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e ministro degli Affari Civili palestinese, Hussein AlSheikh. I ministri hanno quindi “espresso il loro sostegno all’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), invitando tutti i suoi sostenitori a fare la propria parte per supportare gli sforzi umanitari per i rifugiati palestinesi.” E proprio sull’indagine Onu sull’Unrwa il ministro degli Esteri israeliano ha chiesto “chiarezza”. ”Israele si aspetta che il comitato indaghi anche sull’incitamento alla violenza e all’antisemitismo nel sistema educativo dell’Unrwa, nei libri di testo e da parte degli insegnanti, prima e dopo il massacro del 7 ottobre.”