Una serie di eventi concomitanti mi fa tornare all’emergenza carceri, uno dei principali problemi del nostro vivere civile, che – si tratta di una mia dichiarata convinta – per il modo, ma sotto alcuni profili anche per il suo stesso essere, ci farà considerare barbari da generazioni future (ardisco: futuro prossimo, non futuro remoto).
Il primo di questi fatti è estremamente positivo. Si tratta della Sentenza 26 gennaio 2024, n. 10 della Corte Costituzionale che segna un grande passo avanti dell’adeguamento del sistema carcerario alla Costituzione che, per i più (per fortuna non per qualche più sensibile ed illuminato magistrato, come Fabio Gianfilippi, magistrati di sorveglianza di Spoleto), sembra non riguardare chi sia stato riconosciuto reo.
Una sentenza da far leggere a scuola perché ribadisce che il carcerato, qualsiasi crimine abbia commesso, è un uomo e deve essere rispettata la sua dignità umana, compreso il rispetto della sua affettività (rientrati tra i diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost .), che deve essere libero di esprimersi anche attraverso il sesso; e che afferma con effetti pratici come la finalità della pena sia la rieducazione del reo. Per inciso sentenza non si applica al 41-bis: che anche per questo mi pare ancora di più incostituzionale.
Non mi dilungo oltre sulla decisione, sperando di invocarne la lettura.
Rilevo solamente come si sia discusso anche intorno all’art. 13 Costo. sull’inviolabilità della libertà personale. Richiamo normativo che, per un’associazione di idee che vi sarà chiara tra poche righe, ci porta al secondo fatto di cronaca che ha sollecitato l’argomento odierno.
Un fatto lontano accaduto, addirittura in America, nello Stato di Alabama (USA). L’uccisione da parte dello Stato – non riesco a dire era “giustiziato”, la Giustizia, per me è altro – di un killer, Kenneth Smith, condannato alla pena di morte. Col macabro particolare che l’esecuzione era stata tentata già due anni fa e non era riuscita e che questa volta si è ricorso ad un metodo che, dicono le cronache, è vietato persino per macellare gli animali: l’assassinio per mezzo dell’azoto .
Un fatto che ha fatto inorridire la quasi totalità della nostra cultura occidentale, dove la pena di morte non è prevista e che ritiene una barbarie la sua permanenza in alcuni Stati degli USA.
Così che – mi chiedo di tanto in tanto, ma non so darmi e non trovare risposte – se si nega allo Stato il diritto di vita e di morte su un proprio cittadino, perché non si può negare allo Stato anche il diritto di privare il cittadino del suo inviolabile diritto alla libertà?
È il tema dell’art. 13 della Costituzione, discusso e dibattuto, che come accade spesso alle norme, affermando un diritto (la libertà inviolabile) esprimere come, quando e chi possa violarla.
Ci fossimo inventati un sistema alternativo al carcere (la tecnologia odierna forse potrebbe consentirlo) avremmo evitato ad un uomo innocente Beniamino Zuncheddu, trentatré anni di carcere (l’intera vita di Gesù Cristo). Scarcerato recentemente in seguito ad un processo di revisione voluto dal Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma.
Due giudici protagonisti di due fatti positivi. Mi sembra giusto evidenziarlo: perché in uno Stato di Diritto la Giustizia si attua soltanto di fronte ad un giudice terzo – quindi equidistante ed imparziale anche in un conflitto tra cittadino e Stato – e che non si ritenga portatore di missioni, ma unicamente un soggetto che Deve applicare la legge, condannando soltanto quando non esista alcun dubbio per evitare altri Cristo-Zuccheddu e chiedendo le opportune verifiche costituzionali ogni volta dubiti che la legge viola il diritto.