Uno studio pubblicato sulla copertina di Nature Food evidenzia come il maggior utilizzo di sottoprodotti nel settore mangimistico in un’ottica circolare possa portare ad un significativo risparmio dell’uso di suolo e di risorse idriche e quindi a una maggior sostenibilità dei sistemi agroalimentari. Alla base del lavoro firmato da Camilla Govoni e Maria Cristina Rulli del Politecnico di Milano, Paolo D’Odorico della University of California at Berkeley e di Luciano Pinotti dell’Università degli Studi di Milano analizza la competizione per le risorse naturali fra produzione di cibo animale e cibo umano e una ricerca di strategie per ridurre sia la competizione sia l’uso insostenibile delle risorse naturali che da essa può derivare.
Milioni di ettari di suolo
Lo studio dimostra che una sostituzione dell’11-16% di colture ad alto contenuto energetico attualmente utilizzate come mangime animale (ad es. cereali) con sottoprodotti agricoli consentirebbe di risparmiare circa tra i 15.4 e i 27.8 milioni di ettari di suolo, tra i 3 e 19.6 e tra i 74.2 e i 137.8 chilometri/cubici di acqua di irrigazione e acqua piovana. Tutto questo risparmio di risorse naturali rappresenta una strategia adeguata per la riduzione dell’uso insostenibile delle risorse naturali sia a livello locale che globale, attraverso cioè il commercio virtuale di suolo e acqua.
Produzione animale
Con sottoprodotti agricoli si intendono i prodotti secondari derivati dal processamento di colture primarie come cereali e zucchero. Nello studio sono compresi: la crusca di cereali, la polpa di barbabietola da zucchero, la melassa, i residui di distilleria e la polpa di agrumi. Gli alimenti di origine animale sono un’importante fonte di proteine nelle diete umane e contribuiscono in media al 16% del fabbisogno alimentare globale a fronte di un utilizzo di suolo e di risorse idriche per la loro produzione pari ad 1/3 delle risorse utilizzate in agricoltura e fino a 3/4 dell’intero suolo agricolo. La produzione animale può quindi competere direttamente o indirettamente con la produzione alimentare vegetale.
Diminuire competizione
Camilla Govoni, ricercatrice del Politecnico di Milano, spiega che “l’uso di sottoprodotti agricoli nelle diete animali non solo diminuisce la competizione tra i settori e la pressione sulle risorse, ma aumenterebbe anche la disponibilità di calorie consumabili direttamente per la dieta umana (es. cereali), o, nel caso in cui le risorse risparmiate vengano utilizzate ad altri fini tra i quali la produzione di alimenti vegetali carenti nelle attuali diete, migliorerebbe la sicurezza alimentare in diversi paesi, con scelte alimentari più salutari oltre che più sostenibili”. Inoltre “l’utilizzo di ingredienti alternativi nelle diete animali comporterebbe un aumento della sostenibilità e una riduzione dell’impatto ambientale non solo a livello locale, ma anche su grandi distanze. Una diminuzione della domanda di mangime, infatti, potrebbe determinare una minore importazione degli stessi con conseguenti benefici sia di tipo economico che socio-ambientale”, dice Maria Cristina Rulli, docente di Idrologia.
Economia circolare
“Gli allevamenti sono spesso ritenuti responsabili di un significativo impatto ambientale a livello globale, e per questo è fondamentale ripensare soprattutto
l’alimentazione animale essendo uno dei principali motivi di competizione per le risorse”, nota Luciano Pinotti, docente di Nutrizione e Alimentazione della Statale di Milano. “L’approccio deve essere quello di sviluppare una “smart animal nutrition”, in cui la ricerca deve proporre soluzioni per aumentare la produzione di proteine animali senza aumentare l’impronta ambientale delle stesse. Anche in un’ottica di economia circolare”.