L’Italia sempre più lambita da scenari di guerra e da tensioni commerciali geo politiche. Per il nostro Paese le mosse in politica estera e con gli Stati alleati devono essere sempre più ponderate e coordinate, in un momento in cui l’Italia ha assunto la presidenza del G7. Ieri il premier Giorgia Meloni nel suo viaggio in Turchia ha incontrato il presidente Recep Tayyip Erdogan, con cui ha discusso di Medio Oriente, di Mar Rosso e di possibili intese per arginare i conflitti che oggi destano non solo preoccupazioni ma allarmi nell’Onu e nella Nato. Dalla guerra in Ucraina oggi al suo 331 esimo giorno; dal conflitto tra Israele e Hamas iniziato il 7 ottobre scorso con l’aggressione terroristica dei miliziani contro Tel Aviv, con il possibile allargamento delle operazioni militari in Libano e Siria. Ricordiamo per inciso che militari italiani sono già in Libano, che è un fronte a rischio altissimo di destabilizzazione. In questo quadro già drammatico si inseriscono gli attacchi dei cosiddetti ribelli yemeniti degli Houthi che mettono in crisi traffici navali nel mar Rosso che ad effetto domino già colpiscono i porti italiani dove il traffico di navi si è ridotto in maniera significativa. L’Istituto per gli studi di politica internazionale, (Ispi) avverte come si stiano delineando: “le condizioni per una tempesta perfetta nel commercio globale”.
I tempi nefasti di guerra
Fatte queste osservazioni bisogna aggiungere che non si intravedono svolte di intese su un “cessate il fuoco” e, purtroppo, nemmeno di accordi che pur faticosamente possono indicare una via per la pace. Con il prolungarsi dei conflitti dalla guerra ai commerci l’Italia, che è considerata non solo una penisola ma una “piattaforma mediterranea”, dovrà nelle sue scelte farsi carico di più responsabilità, verso la Nato, verso l’Onu; agire in sinergia con l’Unione europea e gli Stati Uniti, e verso il Parlamento e quindi gli italiani. In prima fila in queste decisioni c’è il Governo e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lo scorso anno ha già pazientemente tessuto una tela diplomatica incontrando capi di Stato, siglando intese con il mondo arabo, i vertici di diverse monarchie Medio Orientali, e alcuni paesi del Balcani che chiedono di entrare in Europa.
L’Italia e il coordinamento Ue
Il prossimo importante passo avverrà tra poche ore. Domani infatti ci sarà il Consiglio europeo dei ministri degli esteri, a cui parteciperà il nostro ministro Antonio Tajani, che sottolinea: “Con la Francia e la Germania stiamo formalizzando una proposta da presentare agli altri partner Ue, ma sono ottimista”, annuncia Tajani che si augura come la missione internazionale: “possa essere operativa il prima possibile per proteggere i traffici commerciali”. Nel contempo il ministro ha annunciato che siamo: “Pronti a inviare militari italiani a Gaza per una missione di pace”. A questo si aggiunge il rinnovato impegno dell’Italia verso Kiev nel sostegno non solo umanitario, e in una futura ricostruzione del Paese, ma anche di nuovi armamenti.
Agire uniti e per la Pace
Sono scelte delicatissime, un solo errore, un coinvolgimento in operazioni a larga scala oltre quelle già previste, – come l’esercitazione Nato in Polonia che inizierà a fine gennaio e durerà fino a maggio, coinvolgendo circa 90mila soldati -, sono imprevedibili nei possibili rischi. Gli impegni che abbiano preso vanno rispettati e sono tutti orientati a ridurre i conflitti, ad aiutare le popolazioni che soffrono, e nel cercare ogni possibile intesa di pace. Nel contempo non vanno taciuti i pericoli. Siamo certi che il premier Giorgia Meloni, i ministri Tajani, e della difesa Guido Crosetto affronteranno ogni dossier con una cautela enorme, nel contempo, ribadiamo che siano decisioni prese con la massima sinergia e coordinamento con gli altri Paesi, con l’Europa e con gli Stati Uniti. Non è certo tempo di avventure o di fare dietrofront. L’Italia saprà agire nel rispetto degli accordi, come ha dimostrato dal dopoguerra ad oggi. Il bene, tuttavia, rimane la pace, la difesa dei commerci per tutti, una composizione dei conflitti che più che le armi, possono arrivare solo dall’ascolto delle parole del Pontefice che esorta ad aprire “occhi e cuori”.