martedì, 17 Dicembre, 2024
Salute

Ricerca al Policlinico di Milano sul decorso della malattia di Parkinson

La ricerca internazionale ENIGMA- Parkinson’s Disease ha mostrato come il volume di specifiche aree del cervelletto cambi in base al decorso della malattia di Parkinson. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Movement Disorders, ha coinvolto 22 centri nel mondo, tra i quali il Policlinico di Milano con il ‘Principal Investigator’ Mario Rango, specialista della Neurologia e responsabile del Centro interdipartimentale di tecnologie avanzate a Risonanza Magnetica del Policlinico di Milano. Il lavoro svolto ha permesso di studiare il volume del cervelletto e di specifiche aree cerebellari grazie all’analisi di immagini tridimensionali ottenute dalle scansioni di risonanza magnetica dell’intero encefalo. Dall’analisi è emerso che il volume delle regioni anteriori dedicate alle attività motorie (e più vicine alla substantia nigra) aumenta nelle prime fasi della malattia, mentre i lobi “non motori” posteriori decrescono di dimensione negli stadi più avanzati “in relazione al decadimento cognitivo”. “Un lavoro – ha dichiarato Mario Rango – che aggiunge un ulteriore e fondamentale tassello al complesso puzzle della malattia di Parkinson”.

Ampia gamma di sintomi neurologici

Come spiegato dal Policlinico di Milano “risale a oltre 100 anni fa la scoperta del legame tra la degenerazione delle cellule nervose che si trovano in una zona profonda del cervello (chiamata substantia nigra) e la malattia di Parkinson (PD), una patologia neurodegenerativa complessa, con un’ampia gamma di sintomi neurologici che negli ultimi decenni ha fatto sospettare il coinvolgimento di altre aree del sistema nervoso”. Tra le aree coinvolte, vi è anche il cervelletto. Lo studio ENIGMA-PD ha dimostrato infatti come il volume di specifiche aree del cervelletto cambi in base allo sviluppo della malattia. Il morbo di Parkinson “è una delle malattie neurodegenerative più comuni e si prevede che il numero di casi arrivi a circa 13 milioni nel mondo entro il 2040”, si legge nel comunicato stampa pubblicato dal Policlinico.

Cervelletto, importante nei processi cognitivi

“Oltre a tremore, lentezza di movimento, rigidità muscolare e disturbi della deambulazione – si precisa – le persone con PD possono presentare un’ampia varietà di sintomi neurologici e neuropsichiatrici, come deterioramento cognitivo, disturbi del sonno e altre alterazioni delle funzioni neurologiche, focalizzando la ricerca anche su altre aree del sistema nervoso. Tra queste, particolarmente di interesse è il cervelletto: infatti, oltre ad un suo coinvolgimento primario nel controllo motorio, è ormai noto che abbia infatti anche un ruolo importante nei processi cognitivi, affettivi e del sonno”. Attualmente, esistono insufficienti e discordanti studi preliminari sul cervelletto nella malattia di Parkinson “basati su una casistica limitata e metodi di analisi semplificati”.

Lo studio del suo volume

Su tali basi, è nato lo studio internazionale ENIGMA-PD che, in 22 centri nel mondo, ha coinvolto un totale di quasi 2.500 pazienti con malattia di Parkinson e di oltre 1.200 persone senza PD. La ricerca ha permesso di studiare il volume del cervelletto e di specifiche aree cerebellari grazie all’analisi di immagini tridimensionali ottenute dalle scansioni di risonanza magnetica dell’intero encefalo. Ogni immagine è stata elaborata con un preciso e sofisticato algoritmo sviluppato ad hoc basato su metodi ‘deep learning’ e ‘reti neurali’, utilizzato da tutti i centri coinvolti, suddividendo il cervelletto in 28 sottoregioni. Dall’analisi è emerso che il volume delle regioni anteriori dedicate alle attività motorie aumenta nelle prime fasi della malattia mentre i lobi “non motori” posteriori decrescono di dimensione negli stadi più avanzati in relazione al decadimento cognitivo.

Un’informazione molto importante

Questa fondamentale ricerca ha dimostrato come il cervelletto sia coinvolto in modo consistente nel decorso della patologia.“Un’informazione molto importante – ha affermato il Ricercatore responsabile Mario Rango – che potrebbe spiegare la resistenza alla terapia delle forme più avanzate e aprire la strada a nuovi bersagli terapeutici che interessano il cervelletto. Studi futuri sui cambiamenti della connessione con la substantia nigra e con le altre aree encefaliche potrebbero fornire ulteriori informazioni su come il cervelletto si riorganizza durante la progressione della malattia e su come ciò sia correlato alla variazione delle manifestazioni cliniche nel tempo”.

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