venerdì, 28 Marzo, 2025
Politica

Giustizia, arriva la riforma?

A giudicare da quanto accaduto alla riapertura dei lavori parlamentari, i più ottimisti fra noi cominciano a sperare che il 2024 possa essere ricordato come l’anno in cui la giustizia italiana è stata oggetto di una riforma epocale.

Di questa riforma – se ci sarà – il merito andrà al Governo, anche se le sue punte più avanzate sono piuttosto ascrivibili al Parlamento, perché gli episodi maggiormente qualificanti cui abbiamo assistito in questi giorni sono l’effetto di emendamenti al testo approvato dal Consiglio dei ministri.

Mi riferisco all’approvazione (o, perlomeno, all’avvio dell’approvazione) di modifiche al sistema penale che si attendevano da tempo, ma che erano finora state bloccate dalla ferma opposizione del “partito dei pubblici ministeri”, che pretende di tagliare trasversalmente il sistema politico italiano ampiamente supportato da parte della stampa nazionale.

Ma quali sono queste punte che hanno suscitato, a seconda delle ideologie di chi le propugna, il plauso o l’indignazione dei Gruppi politici di cui il nostro sistema parlamentare si compone? Le riassumo qui per comodità del lettore e consistono – rispettivamente – nell’abolizione dell’abuso d’ufficio come reato, nel massimo contenimento del traffico di influenze illecite e infine nella restrizione delle decadenze imposte – dalla legge Severino – a seguito del passaggio in giudicato di ogni sentenza che abbia accertato la colpevolezza di un amministratore locale, finora invece costretto ad abbandonare la carica rivestita al semplice esito del primo grado di giudizio che possa averlo visto imputato.

A trent’anni dall’abbandono delle proprie prerogative, Camera e Senato tornano così a riappropriarsene, abbandonando i timori che in questi anni hanno loro impedito di tornare paladini di quel garantismo che è alla base stessa di ogni forma di governo parlamentare che non voglia degradare a maschera di un’autarchia.

Si viene così, finalmente, a porre un freno al delirio di potenza di certi Procuratori che – anziché utilizzare gli strumenti messi a loro disposizione per combattere una criminalità più o meno organizzata – preferiscono passare il loro tempo ad elaborare sofisticati teoremi entro i quali calare ricostruzioni più o meno fantasiose di reati mai effettivamente compiuti da molti di coloro che vengono colpiti sulla base di quei teoremi e che vedono la loro vita (o, perlomeno, la loro carriera) irreparabilmente rovinata da irruzioni – alle prime ore del giorno, nella propria casa – di drappelli della polizia giudiziaria alla ricerca di improbabili indizi di colpevolezza da utilizzare a sostegno di quei teoremi: irruzioni previamente annunziate da “fonti anonime” (sic!) a cronisti sempre disposti a fare da cassa di risonanza di iniziative che ricordano molto da vicino quelle descritte da Aleksandr Solzenicyn nelle prime pagine di “Arcipelago Gulag” (Milano, 1974).

È così che si è generata quella “paura della firma” che ha spinto anche diversi parlamentari dell’opposizione PD a sostenere convintamente quelle annunziate riforme, seppure in palese dissenso rispetto alle direttive del loro Partito.

Si potrebbe dunque assistere, nei prossimi mesi, all’avvento di una riforma della giustizia divenuta legge in esito di voti segreti che si sono rivelati espressione di maggioranze ben più ampie di quelle che sostengono l’attuale governo di Centrodestra.

Sarebbe questa la vera rivoluzione, più ancora dei contenuti prima richiamati, che segnerebbe il ritorno al primato della politica sulle degenerazioni giudiziarie che – in questi anni disordinati – hanno reso invivibile il nostro Paese, nonostante le regole scritte nella sua Costituzione, oltrechè nella Costituzione dell’Europa unita.

Spiace d’altronde sentire, in questi giorni, le rumorose lamentazioni di coloro che tentano ancora, ad ogni costo, di far sopravvivere le torsioni forzosamente introdotte nella legislazione penale – sostanziale e processuale – a partire dai tempi di “mani pulite”.

Si tratta di torsioni che continuano tutt’oggi a far esplodere la loro carica eversiva sulle regole democratiche invece vigenti nella gran parte degli altri Paesi europei: voglio perciò concludere questo intervento, raccomandando ai miei pochi lettori di gettare uno sguardo anche verso la stampa di quei Paesi; potrebbero fare interessanti scoperte a proposito della vera posta in gioco che è alla base della epocale riforma in corso di approvazione.

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