Nel 2023 la pressione fiscale in Italia è stata del 47,4%. È la cifra calcolata dall’Ufficio studi della CGIA, che differisce di 4,9 punti in più rispetto a quella del Ministero dell’Economia e delle Finanze (42,5 %), che adotta le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat. La differenza va ricondotta al fatto, che come negli altri Paesi europei, il Mef, nel calcolare la pressione fiscale sulla base della incidenza delle entrate fiscali rispetto al Pil, in quest’ultimo fa rientrare anche gli effetti dell’economia sommersa, che, come è noto, in realtà non apporta gettito alle casse dello Stato.
L’economia non “osservata”
Chi, infatti, esercita una attività illegale o irregolare non paga né tasse né contributi previdenziali, ma incide comunque sul calcolo del Pil che si ottiene sommando il valore di tutti i prodotti e servizi realizzati all’interno di uno Stato. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2021 il valore aggiunto dell’economia non osservata si è attestata a 192 miliardi di euro (pari all’11,7 % del valore aggiunto nazionale), di cui 173,8 miliardi o attribuibili al sommerso economico e altri 18,2 alle attività illegali. Tenendo conto di questo, inevitabilmente il peso del fisco pro-capite per i contribuenti onesti sale, fatto per il quale l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre considera più realistico il proprio computo.
Pressione in discesa
Un altro fattore che ha determinato la stima della CGIA è che rispetto al 2022 quest’anno la pressione fiscale è diminuita di 0,2 punti percentuali, grazie alla rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni dell’Irpef e al modesto aumento del Pil, ma che gli italiani non sembrano essersene accorti per l’aumento del costo di tutti i servizi: dalle bollette, alla Tari, ai ticket sanitari, ai pedaggi autostradali, ai servizi postali e via dicendo. “I contribuenti non hanno potuto beneficiare pienamente della diminuzione della pressione fiscale – spiega in un comunicato la CGIA – perché, nel frattempo, sono aumentate le tariffe che, a differenza delle tasse, statisticamente non vengono incluse tra le voci che compongono le entrate fiscali. Ecco perché la pressione fiscale reale è al 47,4%”.
Stime autonomi inattendibili
Resta, infine, la questione del calcolo del tax gap, che secondo l’Associazione è “inattendibile” per quanto riguarda le stime sull’evasione degli autonomi.