venerdì, 18 Ottobre, 2024
Società

L’esercizio del potere

Periodicamente il Presidente della Repubblica in carica, nel promulgare una legge, manda alla Camere una sua lettera di “osservazioni”.

Si tratta di una nota con la quale il Presidente indica al Parlamento ed al Governo sue osservazioni critiche, non di merito, ma di rilevanza costituzionale o conformità al diritto dell’UE, della legge promulgata. Ma anche sollecitando provvedimenti su alcune materie: inascoltata la raccomandazione del Presidente Giorgio Napolitano sulla condizione carceraria: di cui nessuno se ne occupa, ancora oggi.

Una potestà, prevista nell’art. 87 della Costituzione, che il Presidente Sergio Mattarella, ha esercitato quest’anno sul così detto decreto concorrenza, praticamente continuando la durissima (ed inascoltata) lettera dello scorso anno sul decreto “milleproroghe”.

Non è un caso che l’attenzione del Capo dello Stato di turno venga risvegliata soprattutto da alcune leggi di fine anno: si tratta di quei provvedimenti legislativi, normalmente incomprensibili ai più, che non toccando in apparenza diritti fondamentali, costituiscono il mezzo con il quale maggiormente si esercita il dominante potere burocratico.

Primo tra tutti il così detto decreto “milleproroghe”: un altare al potere burocratico che, come già affermato dal sottoscritto in altre occasioni, offre il meglio – anzi il peggio – di sé con l’uso degli istituti della deroga, della proroga e della surroga con cui la scaltramente la dotta burocrazia, travalica anche l’inetto ed inconsapevole legislatore.

Un decreto che ogni governo utilizza, compresi i governi “tecnici” Monti (che ha addirittura posto la fiducia su quello da lui presentato) e Draghi, in ciò in nulla dissimili dai gabinetti puramente politici.

Naturalmente con atteggiamento differente: chi sta all’opposizione denuncia il malvezzo, salvo adottare il milleproroghe in proprio, allorché sarà al governo, nonostante le proteste dell’avverso schieramento, dimentico di averlo disinvoltamente adottato in proprio, senza alcun complesso.

Si tratta di decreti che, seguendo una peculiarità tutta italiana, tendono a procrastinare nel tempo, fino a renderli stabili, provvedimenti che erano stati adottati in un dichiarato stato emergenziale e dichiaratamente provvisori.

Di esempi se ne possono fare a bizzeffe. Singolare mi pare che al sistema dell’esercizio del potere, mediante la proroga di situazioni ed istituti insostenibili, contribuisca anche il potere giurisdizionale. Questo, spesso dimentica che la costituzionalità di alcuni provvedimenti lesivi non soltanto della Costituzione, ma anche dei diritti fondamentali del cittadino, è stata confermata solo per la loro provvisorietà: così che anche il giudice – che dovrebbe essere la massima garanzia del cittadino contro il potere dello Stato – viola disinvoltamente la Costituzione, non rilevando l’enormità della proroga dichiarata o ritenuta.

Quando tali proroghe sono proposte per legge si determina una posizione di imbarazzo tra esecutivo e Presidente della Repubblica.

Il Capo dello Stato ha, infatti, anche il potere di non promulgare una legge.

Un potere di “veto” comunque limitato, perché l’art. 74 della Carta prevede che il Presidente possa «con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione», ma subito dopo precisando che «se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata».

Un potere che il Presidente Mattarella non ha mai esercitato e che il Capo dello Stato che lo aveva preceduto, Napolitano, aveva esercitato una volta sola.

Così i messaggi del Presidente della Repubblica alle Camere entrano di diritto nel gioco degli equilibri e nei giochi di potere.

Ciascuno fa la sua parte. Il Capo dello Stato segnalando anomalie, storture e mancati provvedimenti, ma senza arrivare allo scontro che deriverebbe dal rinvio; atto che lo metterebbe nella condizione di dovere approvare comunque una legge da lui ritenuta inconcepibile, ma che una maggioranza coesa (e, consentitemi, un po’ spregiudicata) riapprovandola, potrebbe imporre. Il Governo apprezzando l’intervento e la saggezza del Presidente, ma per ragioni ed equilibri politici non apportando alcuna modifica. L’opposizione strumentalizzando al massimo la raccomandazione presidenziale ed urlando allo scandalo.

Il cittadino, destinatario delle leggi, è soltanto sullo sfondo, senza alcun peso, senza alcuna possibilità di intervento. Senza possibilità di capire neppure di cosa quella legge – determinante per l’esercizio del potere – significhi. Come, probabilmente, sarà capitato a qualche parlamentare che nella fiducia verso il partito di appartenenza avrà votato il provvedimento senza avere alcuna idea del contenuto. Bilanciato, magari da qualche suo più avveduto collega che, nei vari passaggi del testo, ha spostato una virgola o aggiunto un riferimento che hanno determinato un esito solo a lui noto.

Cose che accadono verso fine anno nella nostra democrazia che è sempre più burocratica e sempre meno laica: con leggi che i più non si comprendono e con regolarità formali che prevalgono sulla regolarità sostanziale.

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