mercoledì, 5 Febbraio, 2025
Economia

Metà dei medici pronti a lasciare. Cambiare le condizioni di lavoro e di carriera

Sondaggio Fadoi: garantire i diritti pensionistici acquisiti

Sanità, strutture pubbliche, lavoro e medici, un rapporto che diventa sempre più difficile. A registrare umori e disillusioni è la Federazione dei medici internisti ospedalieri, (Fadoi) che in una ricerca annota e puntualizza le carenze del sistema, le soluzioni irrealistiche, il progressivo e costante distacco dei medici verso la loro professione.

Il tracollo del Ssn

Stando ai dati emersi durante il sondaggio per il Fadoi il 46% degli intervistati pensa di abbandonare la professione di medico. Tra l’altro sono le dichiarazioni per il 70% di medici con esperienze decennali che oggi sventolano la bandiera bianca. Una scelta sofferta che coinvolte quasi la metà dei camici bianchi, decisione che rappresenta un fatto storico. Tra le motivazioni, quella dei carichi di lavoro eccessivi, lo stress che ne deriva e, guardando al futuro, l’eventualità di possibili tagli alle pensioni. Addirittura il sondaggio rivela che un terzo dei medici non sceglierebbe più, tornando indietro nel tempo, la professione sanitaria. A questo dato si aggiunge che il 12 per cento, volentieri cambierebbe mestiere. Cifre da tracollo di un Sistema sanitario nazionale che nel passato era fiore all’occhiello in Europa. Oggi appare tutto più difficile, anche la sfida di ridurre le liste di attesa sembra impossibile. Convince, infatti, solo un medico su dieci, la possibilità di pagare di più gli straordinari per abbattere le liste. Una sfiducia quindi che attraversa l’intera categoria. Il Fadoi spiega, che solo il 9,8% pensa che gli straordinari meglio retribuiti possano risolvere il problema delle liste di attesa, problema che per il 41,2% si affronta assumendo personale.

Migliorare le condizioni di lavoro

Per la Federazione dei medici internisti ospedalieri, il dato più allarmante è la mancanza di prospettiva che si traduce in una crisi del quotidiano, tale da far dire al 46.15% dei medici di aver pensato di gettare la spugna, “L’indagine rivela”, sottolinea Francesco Dentali, presidente del Fadoi, “forse a sorpresa per chi non conosce a fondo la realtà medica, che per continuare a tenere legati i medici al servizio pubblico non sono tanto le più alte retribuzioni, che pur andrebbero almeno avvicinate a quelle europee, quanto piuttosto il miglioramento delle condizioni di lavoro e di carriera, oltre che la garanzia del rispetto dei diritti pensionistici acquisiti”. “Preoccupa quel 40% che pensa di lasciare il servizio pubblico, ma sono gli stessi medici nelle loro risposte a indicare la via della rinascita: un Sistema sanitario nazionale che torni a garantire a tutti il diritto alla salute, apponendo le esigenze assistenziali davanti a quelle economiche, indicate da oltre il 70% dei medici come elemento che ancora li lega al pubblico”.

Pensioni, tagli e dimissioni

Tra le preoccupazioni del 57,14% dei medici oggi al lavoro, è l’ipotesi di una decurtazione della pensione, mentre per il 30,95% la causa sarebbero gli eccessivi carichi di lavoro, mentre la bassa retribuzione motiva solo il 2,38% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9,53%. Anche chi non è in età di pensione nel 38,71% dei casi sta pensando di lasciare il servizio pubblico. Il 21,82 % per andare nel privato, il 4,55% all’estero, mentre un preoccupante 12,33% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività.

Difesa del sistema pubblico

Uno spiraglio positivo del sondaggio Fadoi emerge per un dato: il 59,2 per cento degli intervistati è ancora legato al servizio pubblico con la motivazione di voler garantire a tutti il diritto alla salute. Un tema di coscienza professionale importante. Inoltre per 17,46% c’è il valore della sicurezza del posto di lavoro, mentre per il 13,66% le esigenze di solidarietà assistenziale e garanzie nel sistema pubblico vengono prima delle ragioni economiche.

Un sistema in crisi

Malgrado gli spiragli positivi il Sistema sanitario nazionale è in forte crisi. Nell’elencare i problemi il primo resta quello della drammatica carenza di medici e infermieri. Una criticità che se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura. C’è poi la mancata valorizzazione del medico di medicina interna. La scarsa o mancata integrazione tra ospedale e servizi territoriali è indicata da un altro 9,27%, mentre per il 7,27% l’elemento di maggiore criticità è la carenza di posti letto nei reparti di medicina.

Aprire agli specializzandi

Infine per una larga rappresentanza di intervistati è possibile coinvolgere gli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica con solo il 21,25% che pensa possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza. Per il 56,36% è utile purché svolgano le loro attività affiancati da un tutor, mentre per il 22,39% servono, ma sarebbe utile semplificare la burocrazia che ancora vincola il loro utilizzo negli ospedali al parere delle Università.

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