ùYekaterina Duntsova ha fatto domanda per candidarsi contro il leader russo Vladimir Putin alle elezioni presidenziali di marzo 2024. La quarantenne ex giornalista e politica locale nell’oblast di Tver ha pubblicamente sostenuto “la pace” in Ucraina, anche se si astiene dall’usare il termine “guerra” nelle sue interviste ai giornalisti. “Prima o poi ogni conflitto armato finisce e spero che questo finisca il prima possibile”, aveva dichiarato il mese scorso la Duntsova. L’ex reporter ha presentato i documenti alla Commissione elettorale centrale russa per registrare formalmente la sua candidatura.
L’appoggio dei sostenitori
Già nelle scorse ore un gruppo di sostenitori di Yekaterina Duntsova si è radunato ieri a Mosca per manifestare il proprio appoggio alla sua domanda di candidarsi alle presidenziali russe del prossimo marzo. La legge russa prevede infatti come primo passo per una candidatura che un gruppo di almeno 500 persone si raduni in un luogo sostenendo l’aspirante candidato. Secondo il comitato elettorale di Duntsova il luogo del raduno è stato tenuto segreto fino all’ultimo per evitare un intervento della polizia e durante l’evento le luci sono state inaspettatamente spente. Quarant’anni, madre di tre figli, ex rappresentante all’assemblea comunale di Rzhev, Duntsova deve ora raggiungere la quota delle 300mila firme per presentarsi uffcialmente come nuova candidata al Cremlino e dovrà attendere la convalida del Comitato elettorale centrale prima di passare alla raccolta delle 300mila firme, necessarie per proseguire la corsa alla presidenza.
Prigionieri politici e Ucraina
Il principale obiettivo politico di Duntsova è il rilascio di tutti i prigionieri politici. L’outsider si è espressa anche favore della fine della guerra in Ucraina attraverso i negoziati. “Non sono una sostenitrice della responsabilità collettiva. Nessuno ci ha chiesto niente. Si dice che le persone che sono state richiamate per combattere in Ucraina stiano facendo il loro dovere. Ma per le famiglie, nella maggior parte dei casi, è una tragedia. Sono lasciate sole, le donne devono mantenere la famiglia. È tutto molto complicato e la fatica è palpabile. Vediamo le donne dei mobilitati scendere in piazza con i cartelli. Ma non tutte sono disposte a parlarne apertamente” dice la giornalista.