E’ stata ipotizzata in una recentissima pubblicazione dell’INAIL “Lavoro notturno e salute riproduttiva” del mese scorso una soppressione della funzione ovarica potenzialmente dipendente dal lavoro notturno, tale da poter contribuire indirettamente allo sviluppo di tumori ormone-dipendenti, oltre a una irregolarità nel ciclo mestruale significativamente maggiore.
Nellʼorganismo umano,infatti, importanti funzioni biologiche sono influenzate dallʼalternanza luce/buio. La produzione di ormoni indispensabili al nostro benessere (es. melatonina) aumentano durante la notte e diminuiscono sotto lʼesposizione della luce solare. Il lavoro a turni, in particolare il lavoro notturno, modifica lʼesposizione dellʼuomo al ciclo luce/buio e di conseguenza va ad incidere su questo delicato meccanismo.
Questa alterazione è influenzata dal numero di turni notturni consecutivi e dal senso di rotazione, orario o antiorario, dei periodi di servizio. L’organizzazione del lavoro gioca, quindi, un ruolo centrale nella gestione del rischio da lavoro notturno e nell’adozione di turni e tempistiche che consentano di minimizzare i possibili rischi per la salute e la sicurezza.
Le linee guida emanate da organismi nazionali e internazionali, sottolinea la pubblicazione INAIL, contribuiscono a suggerire schemi di comportamento che consentono di aumentare il benessere dei lavoratori stessi. Gli elementi principali da tenere in considerazione per la valutazione del rischio sono: genere, età, lunghezza frequenza e regolarità del turno, direzione della rotazione, numero di notti consecutive, orario di inizio e fine turno, modalità di inserimento dei giorni di riposo, presenza di turni nel weekend, orario prolungato. Interventi compensativi riguardano ad esempio: la riduzione delle ore di lavoro notturno; l’incremento del numero dei riposi compensativi; la possibilità di passaggio al lavoro diurno ad intervalli periodici o in modo stabile dopo un determinato numero di anni; garantire un adeguato training per i lavoratori; messa a disposizione di appositi spazi/ stanze tali da consentire il godimento di brevi pisolini in rapporto al tipo di lavoro.
Importante il ruolo del medico competente, già previsto a partire dal d.lgs. 532/1999 art. 5, che dovrà valutare lo stato di salute del lavoratore, accertando l’idoneità alla mansione specifica che prevede lavoro notturno, conducendo visite preventive, visite periodiche almeno ogni 2 anni e visite in caso di condizioni di salute incompatibili con lo svolgimento del lavoro notturno. Il medico competente sarà chiamato a porre attenzione a quelle condizioni cliniche che potrebbero rappresentare rischi aggiuntivi per il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, tenendo in considerazioni anche l’assetto endocrino.
Studi nel settore industriale hanno dimostrato che il rischio cresce con il numero di turni consecutivi e con lʼallungamento dei turni di lavoro, rilevando un aumento esponenziale del verificarsi di infortuni dopo lʼottava ora di lavoro e stimando un raddoppio del rischio per turni di 12 ore rispetto a turni di 8 ore, per i quali non vi è corrispondente riduzione del carico di lavoro o introduzione di pause adeguate. Risultati simili sono riportati anche per i lavoratori della sanità. Un miglioramento significativo di questi risultati può derivare dalla limitazione della durata dei turni di lavoro.
È noto che la sonnolenza, la privazione del sonno, la stanchezza cronica e le fluttuazioni della vigilanza sono fattori chiave nella creazione delle condizioni che portano a errori umani e incidenti attravers
o le interazioni con altri fattori organizzativi, come le condizioni ambientali, il carico di lavoro e la mancanza di tempo.
Essendo il comparto sanità tra i più esposti a lavori a turni e a turni di notte, precisa l’Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali, OSMOA, dell’Università degli Studi di Salerno, ed in particolare, nel turno di notte meno operatori devono prendersi cura di molti pazienti, lʼaumento del carico di lavoro e lʼalterazione del ritmo sonno-veglia aumenta il rischio di commettere errori clinici.
Il disturbo delle funzioni psicobiologiche, legato alla modificazione del ciclo sonno/veglia, gioca un ruolo importante dal punto di vista della capacità lavorativa. I lavoratori a turni possono soffrire di una serie di sintomi comunemente noti come “sindrome da jet lag”, caratterizzata da affaticamento, sonnolenza, insonnia e rallentamento delle funzioni mentali e delle prestazioni. I sintomi dellʼinsonnia includono difficoltà ad addormentarsi, durata del sonno ridotta, risvegli frequenti e unʼintensa preoccupazione per lʼatto di dormire stesso.
Oltre i disturbi del sonno, i disturbi gastrointestinali sono le morbilità più frequenti riscontrate tra i turnisti. In particolare, il rischio di gastroduodenite, ulcera peptica e sindrome dellʼintestino irritabile è da due a cinque volte maggiore per i lavoratori a turni e notturni.
Ai lavoratori a turni deve essere garantita unʼadeguata organizzazione dellʼorario di lavoro nonché adeguate misure compensative per mitigarne gli effetti negativi. I criteri di cui tenere conto possono essere riassunti come segue:
La quantità di lavoro notturno e il numero di turni notturni consecutivi dovrebbero essere ridotti il più possibile (2-3 al massimo) per limitare lʼinterferenza con i ritmi biologici e il sonno;La rotazione in senso orario (mattina-pomeriggio-notte) dovrebbe essere preferita alla rotazione in senso antiorario (pomeriggio-mattina-sera) poiché si adatta meglio ai ritmi biologici e consente periodi di riposo più lunghi per un recupero immediato dalla stanchezza e dal deficit di sonno; È opportuno evitare di impostare lʼinizio dei turni mattutini troppo presto per ridurre il troncamento del sonno e la conseguente sonnolenza e rischio di errori durante il lavoro;
Turni di lavoro prolungati (9 -12 h) dovrebbero essere considerati solo quando il carico di lavoro è adeguato, si possono fare le necessarie pause e il sistema di turni è progettato per ridurre al minimo lʼaccumulo di fatica;
I cicli di turni dovrebbero essere i più regolari possibile e dovrebbero garantire quanti più fine settimana liberi possibile, al fine di consentire ai lavoratori di pianificare meglio e godersi il loro tempo libero e la vita sociale.