L’utilizzo di incentivi pubblici per finanziare tecnologie a emissioni negative di proprietà privata integrandole in un unico mercato del carbonio aumenta le disuguaglianze economiche legate alle politiche climatiche, che potrebbero raddoppiare in uno scenario di riscaldamento di 1,5 °C a fine secolo. Una nuova ricerca del CMCC pubblicata su Nature Climate Change propone alternative per contenere questi effetti e garantire allo stesso tempo una decarbonizzazione a costi ragionevoli.
Ridurre i gas costa troppo
Le tecnologie a emissioni negative (NETs, dall’inglese negative emission technologies) consentono di catturare la CO2 dall’atmosfera e rappresentano, secondo il sesto rapporto dell’Ipcc, un’opzione fondamentale per raggiungere la neutralità carbonica. In scenari in linea con quanto stabilito dall’accordo di Parigi, l’industria della rimozione del carbonio potrebbe catturare più di un miliardo di tonnellate di CO2 all’anno e raggiungere un valore di mille miliardi di dollari nella seconda metà del secolo. Ma per finanziare le tecnologie a una scala così ampia saranno necessari ampi incentivi pubblici, ad esempio attraverso l’integrazione delle emissioni negative in un mercato del carbonio, insieme ad altre strategie di riduzione delle emissioni come le energie rinnovabili.
Aumento delle diseguaglianze
I ricercatori del CMCC (Centro Mediterraneo Cambiamenti Climatici) e del Politecnico di MilanoPietro Andreoni, Johannes Emmerling e Massimo Tavonidimostrano che incentivi di questo tipo potrebbero causare un aumento della disuguaglianza di reddito nel lungo periodo: il settore pubblico sosterrebbe infatti i costi per finanziare la rimozione delle emissioni di carbonio ma, se le tecnologie sono di proprietà privata – come gli sviluppi attuali lasciano presagire, i profitti andrebbero a beneficio di pochi.
Servono tariffe differenziate
Johannes Emmerling, Senior Scientist al CMCC sostiene che “le emissioni negative giocheranno con ogni probabilità un ruolo chiave nell’evitare un eccessivo riscaldamento globale nei prossimi decenni. Soprattutto le opzioni tecnologiche potrebbero fornire un importante modello di business, come si può già osservare guardando allo sviluppo delle attuali start-up nel campo del Direct Air Capture. La proprietà delle aziende che beneficiano di questi potenziali profitti inattesi potrebbe tuttavia avere ripercussioni sulla distribuzione della ricchezza, pertanto sono fondamentali l’applicazione di tariffe differenziate al carbonio e altre questioni di progettazione politica”.
I tre fattori determinanti
Va garantita una decarbonizzazione a costi ragionevoli, mentre nell’Eurozona, per ciascun Paese, gli autori identificano tre fattori determinanti l’aumento della disuguaglianza: il margine di profitto delle aziende che sviluppano tecnologie a emissioni negative, la concentrazione della proprietà di tali aziende verso la parte alta della distribuzione del reddito e la quantità di emissioni negative nel mercato. Questo permette di riscontrare che quelle particolarmente suscettibili al rischio di disuguaglianza sono le piccole economie con un elevato potenziale di rimozione del carbonio, un’elevata concentrazione del capitale e opzioni di mitigazione costose.
Tensioni tra efficienza e equità
Pietro Andreoni, del Politecnico di Milano, spiega come in questo studio si propone “una struttura concettuale” diversa e viene quantificato come “il finanziamento delle emissioni negative possa causare conseguenze distributive dannose nel lungo periodo, generando una tensione tra efficienza ed equità nella transizione climatica. Questa dinamica dipende dalla tecnologia, dalla società, ma anche dagli strumenti politici scelti per favorire la transizione.” Massimo Tavoni, direttore dello European Institute for Economics and the Environment del CMCC e professore di economia dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano conclude che “lo studio evidenzia l’importanza di un’adeguata pianificazione delle politiche per il finanziamento della rimozione di CO2 su larga scala. La necessità di porre rimedio all’eccesso di carbonio rilasciato nell’atmosfera è imperativa, ma lo sono anche l’equità e l’opportunità. Questo studio dimostra che le politiche esistenti, come i mercati di riduzione delle emissioni, non sono adatte a gestire nuove strategie climatiche come le emissioni negative. Politiche e mercati alternativi sono possibili e dovrebbero essere studiati più a fondo.”