mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Lavoro

Le aziende non trovano certi tipi di professioni: tecnici, manovali, facchini

Inapp: il 37% imprese cerca operai specializzati. 21% cerca profili non qualificati

Le aziende cercano personale, ma non lo trovano. Cercano soprattutto facchini, braccianti agricoli, manovali, bidelli e tecnici. C’è da chiedersi che tipi di imprese abbiamo se utilizzano ancora professionalità da dopoguerra. Dal 2018 al 2022 la percentuale di imprese che domanda nuovo personale è raddoppiata, passando del 9,3% al 18,9%. Nonostante questo “sprint imprenditoriale” resta sul campo il problema del disallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro soprattutto per alcuni tipi di professione.

Labour shortage

Il 37% delle aziende cerca principalmente operai specializzati, ovvero tecnici specializzati dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici, metalmeccanici specializzati e installatori e manutentori di attrezzature elettriche ed elettroniche. Ma sono carenti anche profili non qualificati: circa il 21% delle imprese che domanda nuovo personale è alla ricerca difacchini, addetti alle consegne, addetti alla pulizia dei veicoli, bidelli, braccianti agricoli, manovali o personale non qualificato addetto all’edilizia o alla manifattura. Sono alcune evidenze emerse nella nuova indagine RIL (Rilevazione Imprese Lavoro) svolta dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) attraverso un questionario strutturato e rivolto ad un campione di 30.000 imprese italiane. La mancanza di competenze, l’assenza di candidati e i frequenti abbandoni, si riassumono in un fenomeno, il cosiddetto labour shortage che esiste in molti paesi, ma è particolarmente pronunciato in Italia, specie con riferimento ai giovani e ad alcuni settori.

Chi vuole fare lavori faticosi?

“Si potrebbe affermare che in Italia l’offerta di lavoro presenta forti limiti rispetto alla domanda sia per mancanza di competenze adeguate sia per diffuse indisponibilità a svolgere certi lavori – ha spiegato il professor Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP – sicuramente la sfida più difficile, anche dopo la pandemia e con l’emersione di nuovi fenomeni come le dimissioni legate al desiderio di una maggiore qualità della vita, è il matching tra domanda e offerta di lavoro, che richiede un radicale miglioramento dell’istruzione e della formazione tecnica professionale, ma anche da un lato una migliore disponibilità dei giovani verso mestieri considerati troppo faticosi o poco prestigiosi e dall’altro un miglioramento della qualità delle condizioni di alcune posizioni lavorative.”

Incentivi alle imprese

Tra gli strumenti utilizzati per favorire l’incontro fra domanda e offerta vi sono gli incentivi all’occupazione. Sebbene siano ancora relativamente poche le imprese che vi fanno ricorso (meno del 30% – fonte RIL2021), il più utilizzato e sicuramente il più appropriato per risolvere le criticità del “labour shortage” è l’incentivo per l’assunzione con contratto di apprendistato: il 44% delle imprese vi fa ricorso. Si tratta di un contratto che oltre ad agevolazioni economiche, normative e contributive, prevede anche l’obbligo di formazione, formazione che può considerarsi specifica al tipo di impresa. Altri incentivi, quali la Decontribuzione Sud(utilizzato dal 29,4% delle imprese) e quello per l’assunzione dei Giovani under 36 (scelto dal 26,1% delle imprese.) pur agendo sul lato della domanda, hanno scarso impatto sulle criticità emergenti sul lato dell’offerta.

Servizio di orientamento

“Se gli incentivi per favorire le assunzioni ci sono”, rivela il presidente Fadda, “ciò che va potenziato è senza dubbio il servizio di orientamento”. I giovani avrebbero bisogno di essere accompagnati e sostenuti nella costruzione e nella realizzazione del loro progetto di vita, “a partire dalle scelte dei percorsi di istruzione e di formazione professionale coerenti con i fabbisogni delle aziende e con l’emergere delle nuove professioni fino all’accompagnamento nella ricerca del lavoro.”

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