mercoledì, 20 Novembre, 2024
Geopolitica

Il futuro dell’Ue: tra Kiev e le prospettive di difesa e sicurezza comune

Il prossimo Consiglio europeo del 14-15 dicembre, come da ordine del giorno, discuterà sulla possibilità di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina sulla base dei criteri di Copenaghen, fissati nel 1993. Il Rapporto sull’allargamento, pubblicato dalla Commissione europea lo scorso 8 novembre, ha, di fatto, raccomandato, in tal senso, una decisione positiva. Componente della Politica europea di vicinato, l’Ucraina ha ottenuto lo status di paese candidato all’ingresso nell’Ue nel giugno del 2022. Tra i possibili benefici conseguenti l’inclusione di Kiev nella dimensione comunitaria, credo che una riflessione debba essere fatta in termini di difesa e sicurezza comune.

La crisi ucraina ha, d’altra parte, rivelato le fragilità di Bruxelles, soprattutto in termini politico-militari. Il progetto dello Strategic Compass, approvato durante la presidenza francese del Consiglio dell’Ue nel marzo 2022, si è prefissato, sin dalle origini, di rendere l’Ue un soggetto internazionale più forte e capace, proprio in termini di sicurezza e difesa comune. Già nel novembre del 2021, poco prima, dunque, dello scoppio della crisi ucraina, l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Josep Borrell, presentò ai Commissari europei tale progetto, da attuare entro il 2030. Prevedeva, tra l’altro, la creazione di una Forza militare di intervento rapido dell’Ue, composta da cinquemila soldati da dispiegare nei vari scenari di crisi. Il rafforzamento della politica estera e di difesa comune potrà quindi avvenire attraverso l’implementazione di quattro pilastri distinti: azione, investimenti, partner e sicurezza. Il piano evidenzia, inoltre, le possibili minacce che l’Ue dovrà affrontare nei prossimi cinque-dieci anni, come, ad esempio, quelle legate alle ambizioni espansionistiche di Russia e Cina. In tale orizzonte, proprio l’arrivo ufficiale di Kiev rappresenterebbe un viatico necessario per stemperare le stesse ambizioni egemoniche provenienti da Mosca.

Borrell ha, inoltre, sottolineato che la Nato è destinata a restare il partner privilegiato dell’Ue, ma l’obiettivo da perseguire dovrà essere quello di ottenere, nel medio-lungo periodo, una sorta di autonomia strategica. Un obiettivo che, allo stato attuale dell’arte, appare complesso, nonostante i ministri degli Esteri e della Difesa abbiano registrato, in una sessione congiunta del marzo 2023, i progressi compiuti nell’attuazione della Bussola strategica, a un anno dalla sua approvazione.

Come ha recentemente sottolineato Gianluigi Rossi, Emerito di Storia delle relazioni internazionali presso la Sapienza di Roma, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha rafforzato la coesione tra i membri dell’Ue e l’impegno dell’Unione ad aumentare le proprie risorse e la propria disponibilità ad agire: anche in tale prospettiva, l’inclusione di Kiev potrebbe costituire un utile catalizzatore per stimolare questo risultato, poiché paese in grado di condividere il patrimonio valoriale comunitario.

Ma da dove nasce questo approccio europeo disposto all’apertura verso l’Europa orientale anche in termini di sicurezza e difesa comune?

Una possibile risposta a questa domanda può essere rintracciata proprio in ambito comunitario. Nel corso dei decenni della contrapposizione bipolare, come ben testimoniano le carte contenute negli Historical Archives of the European Union di Firenze, il Gruppo liberale al Parlamento europeo fu senza dubbio in prima per linea nell’ipotizzare, una volta crollato il gigante sovietico, l’introduzione, nella stessa dimensione comunitaria, degli Stati sottoposti al dominio comunista. In particolare, è possibile affermare che personalità come l’olandese Cornelis Berkhouver o il francese Jean Durieux furono veri e propri precursori di questo approccio volto, tra l’altro, a sostenere l’azione militare della Nato, ma, parallelamente, a ipotizzare una futura autonomia strategica europea.

Solo per fare un esempio, un documento del Gruppo Liberale del febbraio 1974, intitolato Europa e mondo. Obiettivi della politica liberale, chiariva, con precisione, le stesse aspirazioni dei liberali in relazione ai futuri rapporti con Washington: “I liberali vogliono che la Comunità europea definisca una politica estera e di difesa comune che, pur garantendo la nostra sicurezza all’interno della Nato, ci permetta di ridurre la nostra dipendenza dagli Stati Uniti”.

Ma torniamo al presente. La Bussola strategica è destinata a diventare il documento politico-strategico di riferimento dell’Ue per i prossimi anni. Non è un caso, infatti, che il progetto evidenzi come una delle priorità sia quella di dare coerenza alle iniziative di sicurezza e difesa dell’Ue, nonché di garantire la loro complementarità con la Nato e, allo stesso tempo, la possibilità di cooperazione con le Nazioni Unite e anche con altre istituzioni regionali come l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, l’Unione Africana o l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. In tale orizzonte, già nel 2021, è stato creato il Fondo europeo per la pace, uno strumento fuori bilancio per consolidare le azioni dell’Ue volte a prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale.

In questa prospettiva, l’allargamento dei confini comunitari a Kiev rappresenterebbe, anche dal punto di vista politico-diplomatico, un innegabile successo per Bruxelles, capace di stimolare la stessa risoluzione della crisi in Ucraina e di rilanciare gli strumenti di soft power, troppo spesso obliati anche in ambito comunitario.

Concordo con quanto ha recentemente sottolineato Luca Ratti, Ordinario di Storia delle relazioni internazionali presso l’Università Roma Tre: l’eventuale futura implementazione dello Strategic Compass e la stessa apertura all’ingresso dell’Ucraina, lungi dall’essere motivo di tensione o contraddizione, potrebbe diventare una significativa opportunità per rafforzare il partenariato tra Ue e Nato, facilitando, al contempo, la stabilizzazione di un’area di primario interesse strategico per entrambe le organizzazioni internazionali.

Questa stabilizzazione richiederà inevitabilmente una nuova consapevolezza dell’Ue, un salto di qualità anche a livello istituzionale, che potrebbe arrecare innegabili vantaggi, sia in termini politico-diplomatici che economici allo stesso processo di costruzione europea, in una dimensione sinceramente sovranazionale.

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