Ha appena compiuto 24 anni la legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie. Un provvedimento di estrema importanza, in quanto “dal 7 marzo 1996 la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali è diventata un’opportunità di impegno responsabile per il bene comune”.
Il tempo trascorso ha indotto Libera a chiedere alle Istituzioni di fare dei passi in avanti sul tema del riutilizzo pubblico e sociale individuando dieci punti per riflettere e intervenire: “Confisca e riutilizzo sociale dei beni tolti ai corrotti; un’Agenzia nazionale con personale, risorse e strumenti adeguati; procedure più veloci dal sequestro alla confisca, favorendo le assegnazioni anticipate dei beni; vendita dei beni immobili solo in casi residuali, dando priorità alla destinazione per finalità pubbliche e sociali; informazioni accessibili per tutti e trasparenza nelle assegnazioni dei beni; coordinamento tra Tribunali, Agenzia nazionale, Prefetture e le amministrazioni statali e regionali; accompagnamento ai Comuni e supporto alla progettazione delle organizzazioni sociali, con attivazione di percorsi di monitoraggio civico e partecipazione dei cittadini; destinazione sociale delle aziende confiscate e tutela dei loro lavoratori; pieno utilizzo delle risorse e delle liquidità sequestrate e confiscate; maggiori risorse per le politiche sociali, la promozione cooperativa e l’economia sostenibile”.
Secondo una ricerca dell’associazione contro le mafie presieduta da don Luigi Ciotti sono 865 i soggetti impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20.
Dai dati raccolti attraverso l’azione territoriale della rete di Libera emerge che “più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (461) mentre le cooperative sociali sono 238”. Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, “ci sono 11 associazioni sportive dilettantistiche, 28 enti pubblici, 33 associazioni temporanee di scopo, 57 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 21 fondazioni, 16 gruppi dello scoutismo ed infine 10 istituti scolastici di diversi ordini e gradi”. Nel censimento realizzato da Libera non sono compresi i beni immobili riutilizzati per finalità istituzionali dalle Amministrazioni statali e locali.
La regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è “la Sicilia con 204 soggetti gestori, segue la Calabria con 162, la Lombardia con 158, Campania 143”. “Le ricchezze e i patrimoni accumulati illecitamente – commenta Davide Pati, dell’ufficio presidenza di Libera – sono stati trasformati in beni comuni, opportunità di lavoro, luoghi di accoglienza e cultura: un percorso inimmaginabile anni fa , prima della petizione popolare che portò alla raccolta di più di 1 milione di firme a sostegno dell’approvazione della legge 109/96.
Una legge diventata un riferimento in Europa e a livello internazionale. Ma accanto ai positivi risultati raggiunti, tante sono le criticità esistenti e i nodi da superare. Per questo, oggi più che mai, è necessario articolare nuove proposte partendo dalle buone pratiche amministrative e sociali, mettendole in rete sui territori e confrontandosi sulle azioni e soluzioni da costruire insieme”.