La pandemia, l’emergenza climatica, le conseguenze delle guerre, la carenza di materie prime; sono tutte emergenze che hanno influito pesantemente sull’economia e di conseguenza, sull’occupazione nei Paesi europei. L’Inapp insieme al Cecap (Centro per il Cambiamento delle Amministrazioni Pubbliche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) ha presentato il primo Rapporto congiunto su “Unione Europea e Stati nazionali nel contrasto ai rischi di disoccupazione derivanti dalle emergenze”, uno studio che ha preso in considerazione gli anni dal 2020 al primo semestre 2023 ed è stato svolto da ricercatori di quattro paesi europei:Francia, Germania, Spagna e Italia.
Protezione sociale fragile
Secondo questo studio “le emergenze esaminate hanno posto in evidenza gli elementi di fragilità dei sistemi di protezione sociale preesistenti ed hanno indotto l’Unione e gli Stati nazionali a adottare rapidamente misure volte ad ampliare significativamente l’area dei soggetti tutelati e a ripensare la strumentazione a disposizione.” Obiettivo che è stato perseguito “mediante l’adozione o lo sviluppo di schemi pubblici di riduzione dell’orario di lavoro (Short Time Work Arrangement – STWA), sostenuti anche dalle risorse rese disponibili dal Fondo comunitario SURE (acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency).”
A rischio gli autonomi
Soprattutto la pandemia e i rischi globali, tuttavia, hanno posto l’Unione europea di fronte “all’urgenza di definire con maggior chiarezza un ruolo di coordinamento e di supporto alle politiche passive degli Stati membri, anche dal punto di vista economico.” L’Unione europea ha reagito con l’adozione di SURE per un “sostegno temporaneo”, per attenuare i rischi di disoccupazione. “Uno strumento – si legge in una nota della ricerca – che ha funzionato bene considerando che la Commissione ha calcolato in circa 8,2 miliardi di euro il risparmio degli Stati beneficiari, di cui 3,7 miliardi di euro ha beneficiato l’Italia e che, nel 2020, il SURE ha sostenuto circa 31,5 milioni di lavoratori dipendenti e autonomi e oltre 2,5 milioni di imprese.” Tuttavia, il carattere ricorrente delle crisi sembra imporre “la necessità di rendere strutturali queste misure”, anche affrontando la questione della estensione della protezione sociale ai settori non ancora coperti tra i quali il lavoro autonomo e quello povero.
Dare continuità alla protezione
“Prendendo spunto dall’analisi del quadro normativo comunitario, dall’esame della legislazione dei singoli Paesi considerati nonché dalla valutazione positiva degli effetti che ne sono derivati – hanno spiegato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp e Pier Antonio Varesi, docente del Diritto del lavoro dell’Università Cattolica – bisognerebbe dare continuità nel tempo, pur con gli opportuni adattamenti, al patrimonio di esperienze generato da SURE nell’ampliamento delle forme di protezione sociale, nell’innovazione delle tecniche, nel rafforzamento dei meccanismi di solidarietà tra Paesi dell’Unione”.