Mai così vicini a riportare gli ostaggi a casa. E mai così incertezza e tante opposte dichiarazioni. E’ la fase finale della trattativa e pertanto anche quella più critica. Ieri sera, secondo un ultimo aggiornamento, la trattativa era sul rilascio di trenta bambini, 8 madri e altre 12 donne: dunque i 50 ostaggi israeliani che Hamas dovrebbe rilasciare secondo l’accordo tra Israele e la fazione palestinese che il premier Benyamin Netanyahu ha sottoposto al governo per l’approvazione. Gli ostaggi stranieri, non israeliani, invece dovrebbero essere rilasciati in base ad accordi tra Hamas e i rispettivi Paesi di appartenenza. Da giorni il Presidente americano Biden ripete che “la situazione è buona”, che l’accordo è quasi fatto. Ieri, per la prima volta, anche Netanyahu è stato più ottimista del solito e ha convocato anche il gabinetto di guerra esclusivo per prendere una decisione. “Spero che avremo buone notizie fra breve” ha detto il premier. “Stiamo facendo progressi. Non penso sia il caso di aggiungere parole, nemmeno in questo momento”. Il ministro della Difesa Gallant ha però detto una frase che fa pensare a tempi ancora dilatati soprattutto per l’opposizione interna allo stesso governo Netanyahu: “penso – ha dichiarato – che nei prossimi giorni dovremo tutti prendere decisioni difficili e importanti.” Poi ci sono i dettagli dell’accordo: uno dei punti più critici è nella modalità di consegna degli ostaggi e nella verifica della lista dei nomi soprattutto dei palestinesi detenuti da Israele.
Meccanismo di deconflitto
Netanyahu però dovrà fare i conti con l’ultradestra e chi ritiene inaccettabile una “brutta intesa” che “non deve essere approvata” per il rilascio degli ostaggi come Bezalel Smotrich, leader di Sionismo religioso e ministro delle Finanze del Governo. Smotrich ha ripetuto che il suo partito sarà “come un muro” per la continuazione della guerra fino alla completa distruzione di Hamas e che si opporranno al rilascio di prigionieri palestinesi condannati per omicidio. Hamas finora ha dichiarato di detenere 210 dei 240 ostaggi prelevati da Israele il 7 ottobre. Probabilmente gli altri ostaggi sono detenuti dalla Jihad islamica. Dagli Stati Uniti continua forte e insistente la pressione per creare un “meccanismo di deconflitto”, l’ha definito così l’inviato dell’Amministrazione Biden, David Satterfield. “Ci siamo resi conto che dobbiamo fare di più”, ha detto, per garantire meglio che gli operatori umanitari siano protetti. Gli Stati Uniti si sono detti anche “preoccupati” che il gruppo Wagner “sia pronto a fornire un sistema di difesa aerea a Hezbollah o all’Iran.”
Brics: conferenza di pace internazionale
Ieri si sono fatti sentire anche i leader dei Paesi Brics che chiedono colloqui diretti per la costituzione di una Palestina sovrana e indipendente e intanto di bloccare esportazioni di armi verso Israele. In videoconferenza è intervenuto anche il Presidente russo Putin che ha parlato di “catastrofe umanitaria” e che le pause sono necessarie per la liberazione degli ostaggi e l’evacuazione dei civili dalle aree di guerra. Il presidente cinese Xi Jinping ha proposto una “conferenza di pace internazionale” per mettere fine alla guerra e ha assicurato che Pechino “fornirà maggiore sostegno e assistenza alla popolazione di Gaza.” Secondo alcuni osservatori internazionali l’arrivo a Pechino del ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan, alla guida di una delegazione dei Paesi arabo-musulmani, dopo la delegazione dell’Afp, segna di fatto l’ingresso di Xi Jinping nella partita mediorientale. Anche l’India ha assunto una posizione in linea con gli altri Paesi, e ha sottolineato l’opportunità di frenare le operazioni militari. I paesi Brics cominciano ad avere una forza rilevante sia politicamente che economicamente e dal prossimo anno avranno nella propria compagine molto più peso anche nell’area mediorientale perché entreranno a farne parte anche l’Iran, l’Arabia Saudita, l’Egitto e l’Etiopia.
Ospedali mimetici nel mirino di Israele
La guerra, però, continua a fare vittime. Decine di migliaia tra civili e assassinii mirati. Fonti palestinesi hanno riferito che Jamal Muhammad Haniyeh, il nipote più grande del leader di Hamas Ismail Haniyeh – che vive in Qatar – è stato ucciso in un attacco dell’esercito israeliano a Gaza. Anche l’altra nipote di Haniyeh, Raua Hamam, è stata uccisa di recente a Gaza. Per quanto riguarda la vicenda degli ospedali dentro e sotto i quali sono mimetizzate le war-room di Hamas, il ministro della Sanità israeliano Uriel Busso e il direttore generale del ministero della Sanità Moshe Bar Siman Tov hanno inviato una lettera all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per protestare contro le attività terroristiche di Hamas all’ospedale al Shifa di Gaza City.
Altri ospedali ora nel mirino dell’esercito israeliano sono l’ospedale al-Awda a Jabalia, nel nord della Striscia, dove ieri sono morti quattro medici. Mentre una potente esplosione è avvenuta vicino all’ospedale dei martiri di Al-Aqsa, nel centro di Gaza.
Nuova risoluzione egiziana all’Onu
Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, da Mosca, assieme al suo omologo Serghei Lavrov e altri esponenti dell’area mediorientale, ha annunciato che l’Egitto ha elaborato una nuova risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza a nome dei gruppi arabi e islamici per affrontare lo squilibrio esistente nell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. “I continui bombardamenti contro gli sfollati nel sud di Gaza – ha detto il ministro secondo quanto riferito dal suo portavoce, l’ambasciatore Ahmed Abu Zeid – ha un obiettivo chiaro: costringere gli abitanti della Striscia ad abbandonarla.” L’Egitto ha chiaramente mostrato il suo rifiuto di qualsiasi progetto o tentativo di sfollare i palestinesi, tanto che il premier Mostafa Madbouly ha detto in Parlamento che questo “rappresenta una minaccia alla sicurezza egiziana, qualsiasi spostamento forzato della popolazione della Striscia di Gaza rappresenta un chiara minaccia per lo Stato egiziano e l’Egitto non esiterà a utilizzare tutte le misure per garantire la protezione e la preservazione dei suoi confini.”
Fondi Ue non sono andati a Hamas
La Commissione europea smentisce Israele e per quanto riguarda gli aiuti dall’Ue sostiene che “il riesame non ha trovato indicazioni di fondi Ue che in maniera diretta o indiretta siano andati ad Hamas”, l’ha dichiarato il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. Nella revisione, tuttavia, l’Ue appone una ulteriore stretta sui controlli dei destinatari dei fondi comunitari. Dunque “i pagamenti ai beneficiari palestinesi e all’Unrwa continueranno senza ritardi.” Mentre per i progetti a Gaza che non possono proseguire per la guerra in corso, quei fondi saranno dirottati per l’aiuto umanitario allo sviluppo.
New York: allerta terrorismo
La governatrice dello Stato di New York, Kathy Hochul, ha alzato il livello d’allarme nella metropoli dopo l’ultimo report dell’intelligence americana che segnala un “crescente rischio” di attentati, legati al conflitto tra Israele e Hamas. Nei messaggi di chat tenute sotto osservazione dai servizi americani si parla di colpire “obiettivi leggeri” tipo manifestanti, gruppi di persone, eventi pubblici. “La nostra preoccupazione più immediata – ha ammesso la settimana scorsa il direttore dell’Fbi Christopher Wray – è che la violenza estremista, individuale o in piccoli gruppi, possa trarre ispirazione da ciò che sta succedendo in Medio Oriente e attaccare gli americani, colpendoli nella loro vita quotidiana.” Il rischio, secondo l’intelligence, è che vengano presi come bersaglio ebrei e musulmani. “E’ doloroso per me – ha ammesso la governatrice – vedere come questo Stato famoso per la sua diversità e per come celebra le differenti religioni, sia segnato da atti di intolleranza.” Sono stretto controllo soprattutto sinagoghe e moschee.