Per i comuni non c’è l’evasione fiscale. Comunque non si trovano evasori. Nel 2022 sono stati recuperati appena 6 milioni di euro, praticamente lo 0,007 per cento dei 90 miliardi di euro che ogni anno i trasgressori del fisco trattengono indebitamente. Il dato si deduce dal contributo che lo Stato eroga alle amministrazioni comunali per le attività di accertamento fiscale e che corrisponde alla metà di quanto recuperato. Dunque ai sindaci, nel 2023 su quanto recuperato nel 2022, sono stati corrisposti 3 milioni di euro. Il patto antievasione Stato-Comuni riguarda solo alcuni tributi come l’Irpef, l’Ires, l’Iva, le imposte di registro/ipotecarie e catastali.
Segnalazioni qualificate
Secondo uno studio della Cgia di Mestre l’anno scorso il comune che più di tutti ha fatto “segnalazioni qualificate” all’Agenzia delle Entrate è stato quello di Genova che ha ricevuto un contributo per la sua attività di contrasto all’evasione erariale pari a 863.459 euro. Seguono Milano con 367.410 euro, Torino con 162.672 euro, Prato con 147.243 euro e Bologna con 99.555 euro. Tra le prime dieci posizioni a livello nazionale spiccano i risultati conseguiti dai Sindaci di Maclodio (Bs) e Guastalla (Re) che grazie alle segnalazioni comunicate all’Agenzia delle Entrate hanno ricevuto rispettivamente 47.660 e 45.087 euro. Sono cifre che, ovviamente, stridono se confrontate con i 1.892 euro recuperati a Messina, i 1.458 euro a Palermo, i 651 euro a Napoli o i 301 euro ad Agrigento. Senza contare che, ad esempio, il Comune di Caltanissetta, di Catania, di Taranto, di Cosenza, di Caserta e di Foggia non sono stati in grado di contribuire al recupero di nemmeno un euro.
Recupero di spiccioli
Di questi 3 milioni di euro di contributo relativo al 2022, 2,1 sono stati erogati in virtù delle segnalazioni fatte dai Comuni capoluogo di provincia, mentre i rimanenti 0,9 dalle altre amministrazioni comunali. Si ricorda che nel nostro Paese i Comuni sono 7.901 e il 70 per cento circa ha meno di 5 mila abitanti. Ad aver contribuito a recuperare almeno un euro sono stati solo 265 Comuni (pari al 3,3 per cento del totale), mentre gli altri 7.636 non hanno “portato” a casa nemmeno un euro. Sebbene dal 2012 al 2021 da questa collaborazione con l’Amministrazione finanziaria i Comuni recuperassero il 100 per cento di quanto accertato dal fisco, le somme “sottratte” agli evasori in questi ultimi anni sono sempre state molto modeste. Nel 2014, anno in cui questa misura di contrasto ha consentito di sottrarre agli evasori l’importo record pari a 21,7 milioni di euro, si è scesi ai 11,4 milioni del 2018 e successivamente ai 6,5 milioni del 2020. “I risultati di questa ricostruzione storica – commenta la Cgia – dimostrano che questa collaborazione non ha dato i frutti sperati.”
I motivi del flop
Vista la esiguità di quanto i comuni contribuiscono a recuperare di evasione o elusione fiscale, resta la domanda su quali potrebbero essere i motivi. Secondo il centro studi degli Artigiani di Mestre è perché “le segnalazioni fatte dalle amministrazioni comunali al fisco devono essere puntuali, circostanziate e contenere i dati identificativi del soggetto” a cui sono contestati gli ipotetici comportamenti evasivi ed elusivi. Non è sufficiente indicare un potenziale evasore esibendo motivazioni generiche. Inoltre, per redigere l’istruttoria che verrà poi inviata all’Agenzia delle Entrate è necessario che i Comuni dispongano di personale formato e qualificato a svolgere questa attività “investigativa”. Insomma, con piante organiche ridotte all’osso e non specializzate per molti Sindaci ricorrere a questa misura è “pressoché impossibile.”
Opportunità politiche
Se, invece, le competenze sono disponibili, in massima parte vengono utilizzate per “recuperare” l’evasione dei tributi locali in capo ai Comuni; come l’Imu, la Tari, la Tosap, l’imposta sulla pubblicità e quella di soggiorno. Non va nemmeno trascurata l’ipotesi secondo la quale per molti Sindaci scatenare una “campagna” contro gli evasori e/o gli abusivi potrebbe essere addirittura controproducente. In molte aree del Paese, infatti, il consenso politico a livello locale si “acquisisce” e si “consolida” anche “trascurando” questi reati; “consentendo”, ad esempio, a chi non ha una casa di costruirsene una abusivamente o a chi non ha un’occupazione stabile di “sopravvivere”, esercitando un’attività lavorativa irregolare. Insomma gli ambiti di indagine, secondo la Cgia di Mestre, sono tanti nel territorio: abusivismo edilizio, lavoro nero, patrimoni evidenti. Si può fare molto di più.