Gentile Direttore,
vivo e lavoro nel Regno Unito e vorrei esprimere alcune opinioni sulla bozza di modifica della Costituzione approvata dal Governo e ora all’esame del Parlamento.
La proposta di riforma costituzionale del governo Meloni ha scatenato una cacofonia di opinioni contrastanti come non si vedeva dalla riforma Renzi, e ha messo tutti in trincea, dalle opposizioni ai costituzionalisti. Non ci sono dubbi che la riforma è un passo nella direzione giusta e che affronta un bisogno vero. Alla Presidente Meloni questo va riconosciuto: ha avuto il coraggio di mettere mano ad un’architettura costituzionale inadeguata e troppo spesso ignorata da governi alle prese con bonus vari.
Questa riforma, però, nella forma attuale, è scritta male. Non tiene conto di alcuni principi costituzionali che sono i muri portanti di un sistema parlamentare. Nelle repubbliche parlamentari, come la nostra, l’elezione diretta del capo del governo non avviene quasi mai. In Germania, Regno Unito, Spagna, Francia (qui l’elezione è direttamente del capo dello stato, non del governo), Paesi Bassi, e via di seguito, non esiste esempio di un capo del ramo esecutivo eletto direttamente dai cittadini. Un motivo c’è: nelle democrazie parlamentari la separazione dei poteri tra esecutivo e legislativo di fatto è molto debole, poiché il governo è sempre soggetto al mutamento delle maggioranze e degli umori parlamentari, e deriva autorità dal Parlamento stesso. Diverso è il caso degli Stati Uniti; una delle uniche democrazie al mondo dove la separazione dei poteri è netta, e dove il Presidente (al contempo capo di stato e di governo) rimane in carica a prescindere dal Congresso e il cui mandato non può essere sottoposto a voto di fiducia.
Il tentativo di questa riforma di costituzionalizzare un programma elettorale e codificare una separazione di poteri all’interno di uno schema che, per sua natura, non lo consente, appare azzardato.
Il secondo punto chiave è che questa riforma – al grido dell’elezione diretta del premier – non tocca minimamente i poteri del premier. Uno scenario tragico: un premier eletto senza i mezzi per governare secondo la tanto lodata volontà popolare.
Per citare Voltaire, “La critica è una cosa molto comoda: si attacca con una parola, occorrono delle pagine per difendersi”. Dunque, per evitare di aggiungere una voce di critica in più senza offrire alternative, segue una breve proposta di riforma costituzionale. Lo scopo è duplice: assicurare che il Premier sia eletto, non eletto direttamente, e rafforzarne i poteri nel quotidiano, consentendogli di revocare i ministri.
[in nero il testo della Costituzione attuale, e in rosso le modifiche proposte]
Art. 92
[…] Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio, che deve essere un deputato o un senatore in carica e, su indicazione di questo, i ministri.
Il Presidente della Repubblica può, nel corso della legislatura, su richiesta del Presidente del Consiglio, revocare i ministri e nominarne di nuovi.
Art. 95
Il Presidente del Consiglio dei Ministri è titolare dell’azione esecutiva, dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo, dirigendo e guidando l’attività dei ministri. […]
Sulla base di queste poche e semplici modifiche a due soli articoli della Costituzione si potrebbe assicurare al paese la fine dei governi tecnici, l’immutata centralità del parlamento, la governabilità, con ministri finalmente incentivati ad agire e agire con coerenza, e, per pochi intenditori, delle modifiche in linea con i principi delle repubbliche parlamentari.