venerdì, 5 Luglio, 2024
Società

Il Papa: “Basta guerre. Abbraccio israeliani e palestinesi che soffrono”

Il Pontefice all’Angelus: “Ogni essere umano è sacro, basta guerra”

“Un abbraccio a israeliani e palestinesi che soffrono in questo momento buio, prego tanto per loro”. Una frase, questa, utilizzata ieri nel corso dell’Angelus dal Papa, protagonista di un nuovo appello con l’obiettivo di porre fine al conflitto in corso in Medio Oriente. Parole, le sue, che risuonano come un richiamo urgente in un momento in cui le tensioni e la sofferenza hanno raggiunto livelli insostenibili in varie regioni della Terra Santa. “Le armi si fermino, non porteranno mai la pace, e il conflitto non si allarghi. Basta, basta fratelli, basta!” ha detto Francesco, sottolineando che la soluzione ai conflitti non può derivare dalla guerra e dagli armamenti, ma deve emergere dalla volontà di costruire ponti di dialogo e comprensione reciproca. Il cuore del suo messaggio è stato rivolto a Gaza, una delle regioni più colpite dal conflitto, dove ha chiesto con urgenza il soccorso per i feriti, la protezione dei civili e l’invio massiccio di aiuti umanitari per alleviare la sofferenza di una popolazione che viceversa si trova in condizioni estreme. Il Santo Padre ha anche sollecitato il rilascio degli ostaggi, compresi anziani e bambini, vittime innocenti delle circostanze tragiche che si stanno verificando. Il Pontefice ha poi rimarcato il principio fondamentale che ogni essere umano, indipendentemente dalla propria fede, è sacro e prezioso agli occhi di Dio, specificando che tutti hanno il diritto di vivere in pace. Successivamente il Papa ha spronato all’ottimismo, incoraggiando la preghiera e l’azione umanitaria incessante affinché il “senso di umanità prevalga sulla durezza dei cuori”.
Nonostante l’attenzione focalizzata sul Medio Oriente, Francesco ha anche parlato della “martoriata Ucraina”, rimarcando l’importanza di non dimenticare le sofferenze di un’altra nazione in conflitto.

Pensiero per il Sudan

Nell’indifferenza di molte cronache internazionali, Francesco ha portato alla luce la sofferenza delle “care popolazioni” del Sudan, attualmente afflitte da una guerra civile che persiste da diversi mesi e sembra non dare segni di placarsi. Dopo la preghiera mariana domenicale, il Pontefice ha espresso la sua profonda vicinanza a questi fratelli e sorelle che stanno attraversando una prova immane. Il conflitto in corso ha causato danni umanitari devastanti: milioni di sfollati interni, rifugiati nei Paesi limitrofi e un numero impressionante di vittime. Il Santo Padre ha ricordato la gravità della situazione, mettendo in luce la necessità di intervenire con urgenza per porre fine a questa crisi umanitaria senza precedenti. “Non dimentichiamo questi fratelli” ha esortato, richiamando l’attenzione sulla responsabilità globale di non ignorare le sofferenze di intere comunità in balia di un conflitto che sembra privo di fine.

La saggezza della vita

Durante l’Angelus, il Papa ha offerto una preziosa riflessione sulla saggezza della vita, derivante dalla parabola delle dieci vergini nel Vangelo letto ieri: ha sottolineato l’importanza di andare oltre le apparenze e di concentrarsi sulla custodia della vita interiore, esortando i fedeli a non trascurare “l’olio dell’anima”. Francesco ha notato quanto spesso ci si concentra sulla cura dell’immagine esteriore, cercando di fare bella figura davanti agli altri. Tuttavia, ha evidenziato che Gesù ci insegna che la vera saggezza risiede nella cura di ciò che non è visibile agli occhi, ma è fondamentale: il cuore. La parabola delle dieci vergini, ha spiegato, è una storia che va al cuore del senso della vita di ognuno di noi, mettendo in luce la custodia della vita interiore come elemento centrale. La saggezza, secondo il Pontefice, si manifesta nel sapersi fermare per ascoltare il proprio cuore, vigilare sui propri pensieri e sentimenti. Invita a fare spazio al silenzio, una pausa necessaria per essere capaci di ascoltare sé stessi e gli altri. Questo richiede la rinuncia a un po’ di tempo trascorso di fronte agli schermi dei telefoni per guardare la luce negli occhi degli altri, nel proprio cuore e nello sguardo di Dio su di noi.

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