lunedì, 16 Dicembre, 2024
Attualità

“Valore Uomo”, un premio in nome della persona

Intervista a Giuseppe Mazzucchiello sui 25 anni dell'Associazione

Il suo impegno per la tutela dei diritti umani sarà ricordato alla IV edizione del Premio Valore il 21 novembre a Villa Miani a Roma, sotto il patrocinio del ministero della Difesa. Presente anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso

Il riconoscimento del danno esistenziale o dei familiari di una vittima rientrano a pieno titolo nella tutela dei diritti umani in campo civilistico, ma non sempre sono facilmente riconoscibili, anche perché la società evolve, cambiano gli usi e i costumi e le norme e la giurisprudenza deve avere la giusta conoscenza e sensibilità per adattarsi a questi cambiamenti. Per questo 25 anni fa è nata una associazione di esperti del diritto che vigilano che nel nostro Paese non si perda mail il senso di solidarietà e di equità nel riconoscimento del danno alla persona. Ne abbiamo parlato con il presidente dell’associazione Valore Uomo, l’avvocato Giuseppe Mazzucchiello.

Presidente, l’Associazione Valore Uomo ha compiuto 25anni, un traguardo davvero importante. Ci vuole raccontare da dove nasce questa idea?
L’Associazione Valore Uomo nasce nel 1998 con lo scopo di promuovere la Tutela dei Diritti Umani, principalmente attraverso l’organizzazione di convegni, eventi culturali, seminari, oltreché con la redazione e diffusione di pubblicazioni di rilievo sociale e di contenuto scientifico. In quel periodo, ancora lontano dalla contaminazione di internet e dei Social media, il contatto, l’incontro e il confronto tra tutti coloro che, professionalmente, si occupavano della stessa materia era determinante ed era avvertito come una esigenza. L’Associazione Valore Uomo, quindi, iniziò ad assorbire su di sé l’interesse di tanti addetti ai lavori che, quotidianamente, nelle Aule di Giustizia o nei consessi universitari si occupavano di Responsabilità Civile, cioè quella branca del diritto che si occupa del risarcimento dei danni che spetta alle vittime di un illecito, che sia da incidente stradale, un caso di malasanità o altro evento illecito.

Sono passati molti anni, può tracciare un bilancio del vostro impegno?
Possiamo sicuramente dire che ci siamo sentiti parte e, in qualche caso, anche protagonisti del cambiamento che avveniva intorno a noi, contribuendo ad alimentare il dibattito sui grandi temi che riguardano la tutela della persona, sia attraverso impianti normativo-giurisprudenziali volti alla prevenzione dei danni sia attraverso quelli che, invece, riguardavano la tutela risarcitoria una volta che i diritti inviolabili della persona fossero stati lesi.

Può farmi un esempio?
Il riconoscimento del danno esistenziale o dei familiari di una vittima rientrano a pieno titolo nella tutela dei diritti umani in campo civilistico, ma non sempre sono facilmente riconoscibili, anche perché la società evolve, cambiano gli usi e i costumi e le norme e la giurisprudenza deve avere la giusta conoscenza e sensibilità per adattarsi a questi cambiamenti. In Italia la Costituzione prima e la Carta di Nizza poi [la Carta che enuncia i diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei e di tutte le persone che vivono sul territorio dell’Unione- ndr] consentono di tutelare ai massimi livelli i diritti della persona. L’Associazione si occupa di questo, che lo spirito di entrambe non venga mai tradito o inapplicato, soprattutto tenendo vivo il dibattito tra gli specialisti del settore. L’ambito nel quale l’associazione si è mossa di più è stato la tutela della persona in sede giudiziale e tutto quello che consegue qualora uno di questi diritti inviolabili sia stato leso procurando un danno.

Esattamente di quali diritti sta parlando?
L’elencazione di diritti inviolabili è tutt’altro che granitico, nel senso che evolvono nel tempo. Trent’anni fa, per fare un esempio, del diritto alla privacy non si parlava, non era certamente percepito dai cittadini come un diritto e ora è diventato tra i più importanti. Da qui la necessità di mantenere sempre vivo, tra tutte le componenti della del settore, un dibattito culturale per essere sempre al passo con i tempi.

Chi sono i vostri associati?
I nostri associati, presenti in tutta Italia, sono giuristi, sia professionisti che docenti, di diritto e di medicina, ma anche esponenti di altre professioni intellettuali.

In concreto in cosa si traduce il vostro impegno?
Per averlo chiaro bisognerebbe fare un grosso salto indietro per vedere cosa accadeva nell’anno 1998 quando fu fondata l’associazione, un momento di grande dibattito e in cui il confronto, come ho detto prima, si svolgeva essenzialmente nei convegni e soprattutto nelle aule parlamentari. In quegli anni lì noi abbiamo partecipato a tante audizioni parlamentari, al Senato e alla Camera, sui vari disegni di legge in discussione protesi alla regolamentazione del danno alla persona, cioè tutto quello che consegue quando un diritto umano importante, se non addirittura inviolabile, viene leso. È lì che si è aperto tutto il dibattito su quali fossero i profili risarcitori e i danni da risarcire. Quindi sicuramente i primi anni di vita dell’associazione sono stati dedicati a questo attraverso attività di formazione e informazione.

E nel prosieguo?
Siamo stati accanto ad associazioni di portatori di handicap, di patologie non propriamente rientranti nei LEA o di persone che avessero subito un danno biologico. Volendo riassumere in poche parole il nostro impegno, possiamo dire che monitoriamo e siamo sempre attenti all’attività legislativa, mettendo a disposizione delle istituzioni la nostra specifica competenza proprio al momento della formazione di una nuova legge, in modo tale che la decisione, il parere, la visione che si viene a formare sia quanto più vicina possibile alle esigenze reali. Quando si parla di tutela dei diritti è importante che l’informazione che la sottende venga da più parti e non da una sola. Dall’altra sosteniamo il diritto al risarcimento alla persona che ha visto lesi i propri diritti fondamentali in campo civile, perché poi alla fine tutto si traduce in un danno.

Lo fate nelle aule di tribunale?
Lo facciamo soprattutto creando una cultura, una informazione/formazione che poi ognuno di noi porta nei propri ambiti, comprese le aule di tribunale concorrendo a una nuova giurisprudenza in linea con le evoluzioni dei diritti.

Sapere che esiste una associazione come la vostra è confortante, ma colpisce che in un Paese come il nostro, annoverato tra le potenze mondiali, abbia bisogno di paladini del diritto. È un Paese poco attento?
No, non è così. Il nostro è un Paese in cui i diritti della persona sono presenti e tutelati. Sicuramente l’Italia è un Paese dove la tutela dei diritti è ai massimi livelli e nel quale si riesce a valorizzare la tutela della Persona. Credo che siamo veramente all’avanguardia da tutti i punti di vista, per esempio nel campo della sicurezza dei lavoratori ma anche in tanti altri. Ma questo spesso purtroppo avviene soprattutto a livello teorico, perché poi quando ci si va a scontrare con la tutela effettiva, quindi con l’applicazione pratica di tutti quei precetti legislativi che, ripeto, sono frutto di tanta buona volontà di tante belle persone che credono in certi valori, nel concreto diventa sempre più difficile. Penso sia un problema che riguardi un po’ tutti i Paesi, perché passare dalla teoria alla pratica, alla tutela effettiva della persona, è complicato. Ci vuole talvolta anche tanto coraggio, che spesso c’è, ma altre volte manca.

Da qualche anno avete anche istituito un Premio Valore, di che si tratta?
Nel 2016, con il raggiungimento della maggiore età, l’associazione ha allargato il suo orizzonte aprendo alla società civile nel senso più ampio, e quindi ha istituito il Premio Valore per dare un riconoscimento a tutte quelle persone che nei vari ambiti, non sono in quello classico nel quale l’associazione ha operato e più squisitamente giuridico, abbiano fatto nella loro attività quotidiana qualcosa di importante, quel qualcosa in più rispetto a tutti quanti gli altri, nella direzione della solidarietà. Ogni anno viene conferito a quelle persone che si sono distinte nella difesa dei diritti umani. Attraverso il conferimento del premio cerchiamo di esortare ognuno a dare il meglio di sé per la tutela della persona, a far quel quid in più rispetto al proprio dovere.

Quali storie tra quelle dei premiati le sono rimaste di più nel cuore?
Sicuramente quelli che mi sono rimasti proprio nel cuore sono stati i due campioni paralimpici che abbiamo premiato il primo anno, Oney Tapia e Nicole Orlando, campionessa di Triathlon mondiale, di una dolcezza incredibile e poi la indimenticabile Nadia Toffa, per il suo reportage sul dramma delle donne dell’Isis, persona incredibile, di grandissima sensibilità e umanità. Rischiò la vita entrando nei campi dove erano prigioniere le schiave dell’organizzazione terroristica. Poi nella seconda e terza edizione c’è stato un atteggiamento un po’ diverso da parte dell’associazione. La Commissione ha voluto ampliare ancora di più gli orizzonti e abbiamo cominciato a spaziare nel campo delle istituzioni, ricordando chi svolge il proprio ruolo con umanità, a volte anche senza richiamare la ribalta dei riflettori, in maniera anche molto umile. Penso per esempio, a Massimiliano Raponi direttore Sanitario dell’Ospedale “Bambin Gesù” di Roma che fa delle cose pazzesche per le mamme di questi bambini che purtroppo, ahimè, sono sfortunati e sono portatori di patologie importanti e che vengono da ogni parte d’Italia e d’Europa. A volte alle 10 di sera lo chiamo per salutarlo ed incontrarlo e lui è ancora lì a gestire il problema di queste mamme che sono in attesa di notizie sui loro figli ricoverati.

Quest’anno il Premio è intitolato alla “tradizione, innovazione e sicurezza”, perché?
Dal grado di innovazione si misura la velocità di crescita di un Paese. Ma deve essere una innovazione fondata su basi solide, con un occhio sempre attento alla tradizione e alla sicurezza.

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