La vita in carcere è già di per sé difficile per detenuti e lavoratori che vi prestano servizio quotidianamente. Ma i disagi crescono a dismisura nel caso delle strutture che accolgono stabilmente soggetti criminali socialmente molto pericolosi.
Il carcere di massima sicurezza delle Costarelle de L’Aquila vanta un primato ben noto agli addetti al lavori, nel senso che conta, in assoluto, il maggior numero di detenuti sottoposti al cosiddetto 41-bis.
La norma – la cui portata è stata estesa dopo le Stragi di Capaci e via D’Amelio – prevede l’isolamento, nel senso che ogni camera è singola e non si accede agli spazi comuni; l’ora d’aria limitata (solo due ore al giorno e sempre in isolamento) e la sorveglianza costante effettuata da un corpo speciale della polizia penitenziaria che non ha contatti con altre forze dell’ordine; inoltre, i colloqui con la famiglia sono estremamente ridotti e avvengono senza contatto fisico, attraverso un vetro, e con una durata ristretta.
È evidente che si tratta di disposizioni particolarmente afflittive che, non a caso, si applicano nei confronti di coloro che sono chiamati a rispondere di fatti molto gravi di mafia, terrorismo e eversione, riduzione in schiavitù e tratta di persone, prostituzione minorile, pedo-pornografia, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona per rapina o estorsione, e al traffico di sostanze stupefacenti.
Non appare difficile comprendere quanto all’interno del penitenziario abruzzese si respiri un’atmosfera pesante:
Stando ai dati diffusi dal segretario generale territoriale Uil Pa polizia penitenziaria, menzionati in una interrogazione al ministro della Giustizia, presentata da Stefania Pezzopane, rispetto solo a pochi anni fa, il numero dei detenuti nel carcere del capoluogo regionale risulta raddoppiato, con inevitabili conseguenze sul carico di lavoro e sulla sicurezza degli operatori carcerari. In luogo degli 80 detenuti del 2010 da qualche tempo a L’Aquila non si scende al di sotto dei 160. Con il raddoppiarsi dei reclusi sono inevitabilmente aumentate una serie di attività correlate che richiedono la presenza degli operatori penitenziari e quindi la moltiplicazione del carico di lavoro. “Il tutto – si legge nel testo dell’atto di sindacato ispettivo – è aggravato dal non adeguato numero di operatori carcerari a fronte di un aumento importante della popolazione detenuta.
Di qui la richiesta di un aumento adeguato del personale di polizia penitenziaria o comunque, di riportare il numero di sottoposti al regime speciale ai valori antecedenti il 2010, anche per ragioni di sicurezza. Sulla scorta di questi rilievi la deputata del Pd ha chiesto di sapere dal Guardasigilli “quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche mediante l’incrementodel personale di polizia penitenziaria presso il carcere di massima sicurezza delle Costarelle de L’Aquila, al fine di garantire adeguati standard lavorativi e di qualità della vita agli operatori penitenziari”. Non ci resta che attendere la risposta in Commissione Giustizia dell’esponente del Governo Conte II o di un sottosegretario da lui delegato alla risposta…