Le rilevazioni dell’Istat restituiscono un quadro poco rassicurante per l’economia italiana: da un lato la discesa dell’inflazione a ottobre, che si rivela un dato positivo dovuto al calo degli energetici; dall’altro invece, un Pil del terzo trimestre stagnante, che conferma l’esaurimento della fase di rimbalzo post pandemica, con un quarto trimestre che, in prospettiva, si prefigura peggiore anche alla luce delle condizioni geopolitiche. “Difficilmente l’incremento del Pil nel prossimo anno potrà superare quello del 2023 e al momento valutiamo che il tasso di crescita si fermerà allo 0,6%, molto lontano dagli obiettivi fissati dal governo. In questo scenario caratterizzato da un’aumentata incertezza, anche i risultati del 2024 rischiano di essere compromessi”. È quanto dichiara Confesercenti in una nota.
Domanda interna in calo
La variazione acquisita è infatti già dello 0,7%, leggermente inferiore allo 0,8% previsto dalla recente Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza), dove era già stato corretto al ribasso di 2 decimali rispetto al documento dello scorso aprile. A destare preoccupazione è la debolezza della domanda interna: l’Istituto di statistica descrive la situazione odierna come il frutto di un contributo negativo della componente nazionale della domanda, inclusi i consumi, i quali si muoveranno in linea col Pil, con la loro tenuta sempre più affidata all’erosione dei risparmi da parte delle famiglie, accumulati nel biennio 2020-21.
Fragilità quadro internazionale
Il caro vita continua, perciò, a incidere negativamente sui bilanci delle famiglie e sulle imprese, e a soffrire di più sono i nuclei familiari più deboli, in aumento, soprattutto a causa del forte incremento dei prezzi su beni necessari. La fragilità del quadro internazionale e i protratti segnali di indebolimento degli investimenti rendono, quindi, determinante la tenuta dei consumi per l’economia: i provvedimenti in corso di approvazione con la legge di bilancio, in particolare per quel che riguarda il taglio del cuneo contributivo e la riduzione delle prime aliquote di imposta, vanno nella giusta direzione e contribuiranno a sostenere l’andamento dei consumi. Tuttavia, non può essere sottovalutata l’eventualità che la maggior parte di questi effetti espansivi verrà vanificata dal ripresentarsi del fenomeno del drenaggio fiscale e dall’impatto negativo che quest’ultimo ha sulla capacità di spesa delle famiglie.