Che succede tra Israele e i palestinesi? Ogni giorno si alzano voci di interventi “potenti”, “mai visti prima”, annunci spaventosi da parte di stati sovrani e milizie militari e terroristiche, ma la guerra delle dichiarazioni è sempre più confusa con la guerra sul campo che, a sua volta, non appare neppure più una vera e propria guerra. Mattia Serra, di Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, sostiene che “dopo settimane in cui un’invasione massiccia della Striscia sembrava sempre più vicina, il governo israeliano ha apparentemente puntato su una tattica diversa, limitandosi per ora a manovre ristrette, coordinate con l’aviazione.”
Segretezza e confusione
“Al netto dei singoli eventi, le informazioni vanno prese con le molle”, spiega un report di Ispi, perché l’operazione israeliana procede “sotto un velo di segretezza”. Il riserbo tenuto dalle Idf (esercito israeliano) riguarda anche il numero delle vittime. Le brigate al-Qassam, braccio armato del movimento Hamas, hanno ribadito nei giorni scorsi che i loro miliziani si sono confrontati più volte con le forze dello Stato ebraico, provocando ingenti perdite tra le fila nemiche. Stessa tattica per Israele. Ma nessuna delle parti conferma mai le vittime, mentre esalta i danni fatti al nemico.
Nuove dottrine militari
Gli esperti non sono in grado di stabilire se l’operazione di Israele, in corso nella Striscia di Gaza, sia quella annunciata da dopo l’attacco subito il 7 ottobre. “L’operazione in corso”, scrive l’Ispi, “diverge dalla dottrina militare israeliana, che da una parte si basa su esperienze di conflitto fra paesi e non di guerra urbana, e dall’altra prevede risposte rapide e decise per chiudere il conflitto in tempi brevi. Lo Stato ebraico, in fondo, è un piccolo paese con meno di 10 milioni di abitanti (tra cui 2 milioni di arabi) e un eventuale tributo elevato di vite umane avrebbe un peso specifico non trascurabile.”
La seconda fase
“Se i contorni di questa operazione rimangono fumosi – dice Mattia Serra – le parole del premier Netanyahu, che ha definito tali manovre come l’inizio della seconda fase della guerra, non lasciano spazio a interpretazioni. La fanteria israeliana è entrata nella Striscia, con tutte le conseguenze che questa scelta avrà a livello politico e per la popolazione locale. Rimangono numerose le incognite, dagli obbiettivi ultimi di questa operazione alle intenzioni del governo israeliano circa il futuro di Gaza”.
Neutralizzare “trappole”
“Lentamente” e “meticolosamente”. Sono questi i due avverbi utilizzati da Jonathan Conricus, portavoce delle Forze di difesa israeliane (Idf) per descrivere quanto sta avvenendo. Quella di Tsahal, dunque, ha tutto l’aspetto di un’operazione lenta e duratura, “che presenta però non poche controindicazioni sul piano politico, militare, diplomatico e umanitario.” Nel suo briefing in video, Conricus riferisce che sul campo sono dispiegati carri armati, mezzi corazzati, bulldozer e unità della fanteria e del genio militare. Queste ultime, fa sapere l’Idf, hanno la funzione di neutralizzare le “trappole” tipiche della guerriglia urbana e anche di occuparsi della più volte citata rete di tunnel – lunga almeno 500 chilometri – sotto il livello del suolo.
Tanti giovani palestinesi
Insomma sono ancora molte le incognite sugli sviluppi della situazione in Medio Oriente; non ultima e da tenere in massima considerazione “anche la particolare situazione demografica”, che vede metà della popolazione dei territori palestinesi al di sotto dei 20 anni di età; motivo per il quale vi sono i minori tra le principali vittime del conflitto; per il diretto coinvolgimento in bombardamenti, ma anche per le conseguenze in termini di malattie, mancanza di igiene e spostamento forzato.