Rena Shinohara va al lavoro. Timbra il cartellino per un turno. Letta così, in modo semplice, sembrerebbe un normale momento di vita lavorativa. C’è, tuttavia, una particolarità: Rena Shinohara ha 18 mesi, un anno e mezzo. Rena lavora come babysitter in una casa di cura giapponese. E’ stata assunta per allietare le giornate degli anziani residenti i cui nipoti vengono raramente a trovare. “Mi dà energia vederli – ha detto Tatsuo Ojiro, 93 anni, uno dei circa cento residenti presso la casa di cura Ichoan nella città di Kitakyushu -. Questo mi aiuta davvero”. Lo scalpiccio dei piedini attorno alle sedie a rotelle e ai deambulatori ha lo scopo di alleviare l’isolamento che può derivare dall’invecchiamento. Soprattutto in una nazione in contrazione, in rapido invecchiamento e dove un terzo della popolazione ha più di 65 anni. La solitudine è un problema grave. Nel 2021, il governo giapponese ha nominato il suo primo “ministro della solitudine”, incaricato di aiutare le persone di tutte le età a connettersi, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19. La direttrice della casa di cura, Kimie Gondo, tre anni fa, ha avuto l’idea di occuparsi dell’infanzia, quando sua nipote, appena nata, andò a trovarla e visitò il centro. Kimie vide quanto questo rendesse felici i residenti. “Quando ho visto gli anziani sorridere – ha affermato in un’intervista – ho realizzato il potere posseduto dai bambini. Solo vedendo un bambino che cammina in giro, i residenti sorridono e iniziano a parlare”. La casa di cura conta ora circa 70 baby-operatrici, che possono ispirare anche i residenti più tenaci.
